Deduzione: differenze tra le versioni

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== Storia del metodo ==
{{Citazione|Del particolare non si dà scienza.|[[Aristotele]] <ref>Aristotele, ''Opere'', ''Metafisica'' Z 15, 1039b28, Laterza, Bari 1973, pag. 225.</ref>}}
[[File:Aristotelesbunt.jpg|thumb|[[Aristotele]]]]
L'introduzione del concetto di deduzione si deve ad [[Aristotele]] (384 a.C.-322 a.C.), il quale la identificò sostanzialmente con il [[sillogismo]]. Da questa identificazione deriva l'interpretazione tradizionale, accettata fino ai tempi moderni, secondo la quale il procedimento di deduzione consente di partire da una legge [[universale]] per giungere a conclusioni particolari. Il procedimento contrario viene chiamato [[induzione]], che viceversa muove dal particolare all'universale.
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[[File:Immanuel Kant.jpg|upright=0.7|thumb|[[Immanuel Kant]]]]
All'induttivismo di Bacone successe invece l'[[empirismo]] di [[John Locke|Locke]] e poi quello di [[David Hume]], il quale lo spinse alle sue estreme conseguenze fino a risolverlo nello [[scetticismo filosofico|scetticismo]]. Hume infatti mise in dubbio la validità delle leggi scientifiche che vengono assegnate alla natura proprio perché attribuiva loro un'origine induttiva e quindi arbitraria. A lui reagì [[Kant]] ([[1724]]-[[1804]]) che si propose allora di dimostrare l'origine deduttiva (e non induttiva) o ''a priori'' delle leggi scientifiche, per salvaguardarle dallo scetticismo humiano. Kant utilizzò il termine ''Deduzione'' proprio nel senso di ''dimostrazione'' del carattere universale e necessario dei cosiddetti giudizi ''sintetici a priori'' di cui fa uso la scienza:<ref>Kant riprende il termine "deduzione" dall'ambito giuridico, non da quello logico-matematico, per indicare la dimostrazione di un certo [[diritto]] (''quid iuris'') con cui si vuole giustificare una pretesa di fatto (''quid facti'').</ref> sintetici perché unificano e sintetizzano la [[molteplicità]] delle percezioni derivanti dai [[organi di senso|sensi]]; ma ''[[a priori]]'' perché non dipendono da queste ultime. Con la sua ''Deduzione trascendentale'' Kant sostenne che la nostra ragione svolge un ruolo critico e fortemente attivo nel produrre scienza, la quale è dedotta da un principio supremo dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[Io penso]]'' posto a fondamento di tutto il sapere. L<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[io penso]]'' si serve in proposito di apposite [[categoria (filosofia)|categorie]] dell'intelletto che sono [[trascendentali]], cioè si attivano solo quando ricevono informazioni da elaborare e giustificano il carattere di universalità, necessità e oggettività che diamo alla scienza; viceversa senza queste caratteristiche non si ha vera conoscenza.
 
L'[[idealismo tedesco]] riprese il concetto di deduzione elaborato da Kant, assegnandogli una funzione non solo [[conoscenza|conoscitiva]] ma anche [[ontologia|ontologica]]: l'[[io (filosofia)|io]], o l'[[Assoluto]], sarà il principio primo da cui si produce per deduzione [[dialettica]] la realtà [[fenomeno|fenomenica]]. Con [[Fichte]] e [[Friedrich Schelling|Schelling]] si ebbe così una riproposizione della [[metafisica]] classica, soprattutto [[neoplatonismo|neoplatonica]]. Con [[Hegel]] invece la deduzione non venne più subordinata a un principio superiore ma diventò essa stessa Assoluto: Hegel rigettò quelle filosofie che ponevano a fondamento della deduzione un atto [[intuizione|intuitivo]] di natura sovra-razionale e trasformò il metodo deduttivo in un procedimento a spirale che giunge infine a giustificarsi da solo. Veniva così abbandonata la logica aristotelica; mentre quest'ultima procedeva in maniera lineare da A verso B, la dialettica hegeliana procede in maniera circolare: da B scaturisce C (''sintesi'') che è a sua volta la validazione di A.<ref>Hegel, ''Scienza della Logica'' (1812).</ref>