Diwan: differenze tra le versioni

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({{Arabo|ﺩﻳﻮﺍﻥ}}), di origine probabilmente [[Lingua persiana|persiana]] ('''dīvān'''), anche se gli [[etimologia|etimologi]] [[arabi]] non mancano di riferirla al verbo ''dawwana'' (radunare),<ref>Cfr. l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Encyclopédie de l'Islam'' al lemma omonimo (A. A. Duri), pp. 332b-333a.</ref> è usato nella cultura [[Arabi|arabo]]-[[islam]]ica per identificare diversi concetti, tra loro solo apparentemente diversificati.
 
Un primo significato è quello di "registro" che, in [[Diwan (poesia)|poesia]], serve dunque a indicare il '''canzoniere''', la raccolta cioè dei versi e dei componimenti sopravvissuti di un poeta, come quelli dei mistici e poeti persiani [[Hafez]] e [[Gialal al-Din Rumi]].
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Un secondo significato è quello che è passato ad arricchire anche il lessico italiano col termine '''[[dogana]]'''. Nella tradizione amministrativa arabo-islamica infatti, i burocrati usavano riunirsi in ambienti specifici dove poter conservare i registri (chiamati anche ''daftar'') e tutti gli atti scritti utili alla memoria storica e a mantenere nel tempo una linea coerente di azione amministrativa.
 
Da questo punto di vista si capisce perché il termine sia stato sovente usato in passato per indicare quello che nella tradizione cristiana occidentale è l'equivalente di un dicastero incaricato di svolgere l{{'}}'''amministrazione''' della cosa pubblica.
 
Solo a titolo esemplificativo: il ''dīwān al-kharāj'' (ossia "ministero delle imposte [fondiarie]"), il ''dīwān al-jaysh'' (ossia "ministero della guerra"<ref>Lett. "ministero dell'esercito".</ref>), il ''dīwān al-rasāʾil'' (una sorta di archivio di Stato<ref>Lett. "ministero delle corrispondenze".</ref>) o il ''dīwān al-maẓālim'' (ossia "ministero della giustizia"<ref>Lett. "ministero dei crimini".</ref>). Da questa precisa accezione deriva il termine "dogana", probabilmente importato a [[Venezia]] per indicare l'Ufficio dei dazi cui erano assoggettate le merci d'importazione.
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Anche il governo del [[sultano]] nell'[[Impero Ottomano]] era detto ''[[Dîvân-i humâyûn]]''. Il governo, presieduto dal [[gran visir]], si riuniva regolarmente nel palazzo; ma quando bisognava prendere una decisione particolarmente importante il sultano convocava un ''diwan'' a cavallo, memoria delle origini nomadi dei Turchi. I [[giannizzeri]] venivano schierati su una grande spianata ed i ministri (''visir'') stavano in sella ad aspettare l'imperatore che giungeva a cavallo per consultarli.<ref>[[Alessandro Barbero]], ''Il divano di Istanbul'', pag.17, Sellerio editore, Palermo, 2020 (quinta edizione).</ref>
 
Dal fatto che i burocrati usavano lavorare in ambienti dotati di scaffalature finalizzate alla ordinata conservazione dei registri, in cui non si faceva comunque uso di sedie, ma solo di tappeti e cuscini, il fatto di stare accomodati su tali imbottiture ha originato la parola '''divano''', nel senso specifico di mobile d'arredamento atto alla seduta di più persone: fenomeno indirettamente confermato nella seconda edizione dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Encyclopédie de l'Islam'',<ref>''s.v.'' «dīwān» (A. S. Bazmee Ansari), vol. II, p. 347a.</ref> che afferma, riferendosi all'India islamica: "''Dans les maisons ou le palais des personnages importants ou riches, il y avait autrefois un appartement particulier appelé ''dīwān-i khāna'', correspondant au salon moderne, mais qui était exclusivement réservé aux hommes de la famille et à leurs hôtes ou visiteurs...''".
 
==''Dīwān'' come funzione==