Analessi: differenze tra le versioni

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Nell'analessi o flashback ci possono essere discorsi diretti.
 
Spesso, le analessi sono utilizzate per narrare fatti accaduti prima dell'inizio della sequenza di eventi che corrisponde alla storia primaria. La loro funzione principale è quella di colmare le lacune presenti nelle informazioni che si hanno su alcuni fatti cruciali: ad esempio, un flashback sulle origini di un personaggio mostra allo spettatore gli elementi-chiave che hanno contribuito al suo sviluppo durante gli anni della crescita. A volte, però, l'utilizzo del dispositivo viola apertamente il suo carattere esplicativo e viene utilizzato per confondere lo spettatore e creare un colpo di scena, come accade nel famosissimo flashback menzognero di ''[[Paura in palcoscenico]]''.
 
Solitamente, questa tecnica è utilizzata per creare [[suspense]] in una storia, o per sviluppare al meglio un personaggio, fornendo allo spettatore maggiori informazioni sul suo retroterra. A seconda del momento temporale che si sceglie di raccontare, vi sono due tipi di analessi: quella interna, che descrive un momento precedente all'interno del periodo narrato (ad esempio, se la storia racconta gli anni che vanno dal 1998 al 2005, e si è arrivati al 2004, il flashback potrebbe riguardare il 2001); e quella esterna, che invece narra un evento che comincia e termina prima dell'inizio della storia primaria (nel caso dell'esempio, potrebbe trattarsi del 1996).
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== Esempi principali ==
=== Letteratura ===
A livello letterario, un primo e famosissimo esempio di analessi si può ritrovare nella struttura di due classici della lingua indiana: il ''[[Rāmāyaņa]]'' e il ''[[Mahābhārata]]''. In entrambi i casi, infatti, la storia principale viene narrata con l'ausilio di una serie di racconti separati, ambientati in tempi differenti. Sempre per ciò che concerne la letteratura orientale, un altro utilizzo di questo dispositivo può essere ritrovato in alcuni dei racconti raccolti in ''[[Le mille e una notte]]''. Nel giallo “Le Tre Mele”, ad esempio, la storia comincia con la scoperta del cadavere di una giovane donna; in seguito, l'assassino si rivela e racconta le ragioni del suo omicidio attraverso il flashback di una catena di eventi che portano poi alla scoperta del corpo senza vita, ritrovato all'inizio della storia. Questo procedimento viene utilizzato anche in altri racconti, come “Sinbad il Marinaio” e “La Città d'Ottone".
 
Per quanto riguarda la tradizione britannica e statunitense, invece, le analessi furono frequentemente utilizzate dallo scrittore [[Ford Madox Ford]] e dal [[poeta]], autore, storico e studioso di [[mitologia]] [[Robert Graves]] come fonte di ispirazione. Lo scrittore statunitense [[Thornton Wilder]], inoltre, può essere considerato il progenitore del moderno disastro epico presente nella letteratura e nel cinema, grazie al suo libro del [[1927]], ''Il ponte di San Luis Rey'', che rappresenta un primo esempio di storia in cui un singolo disastro colpisce più vittime, le cui vite vengono poi esplorate tramite una serie di flashback che raccontano gli eventi che hanno portato al disastro in questione.
 
Nell'[[epica]] classica troviamo un ''flashback'' nell'[[Odissea]] (libri IX-XII) quando [[Ulisse]] racconta le sue passate peripezie alla corte di [[Alcinoo]] re dei [[Feaci]] e uno nell'[[Eneide]] di [[Publio Virgilio Marone]] (libri II - III) dove [[Enea]] a [[Cartagine]] racconta le sue passate vicende alla regina [[Didone]]. [[Alessandro Manzoni]] nel [[romanzo]] ''[[I promessi sposi]]'' narra in ''flashback'' la storia di Ludovico ([[padre Cristoforo]]) nel capitolo IV, quella di Gertrude (la [[monaca di Monza]]) nei capitoli IX-X, quella dell'[[Innominato]] nel capitolo XIX e quella del [[cardinale]] [[Federico Borromeo]] nel XXII.
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Nella pratica cinematografica questi salti temporali vengono resi riconoscibili attraverso una serie di espedienti linguistici ricorrenti: per esempio, quando il flashback è associato a uno dei personaggi spesso la macchina da presa si avvicina al volto e una dissolvenza introduce la visualizzazione del ricordo; altro espediente è quello di sfumare i margini dell'inquadratura o di caratterizzare la fotografia delle scene del ricordo con colori diversi (generalmente in [[bianco e nero]]) dai colori naturali del resto della pellicola. Tramite queste soluzioni lo spettatore è in grado di riconoscere l'anacronia e di ricomporre mentalmente la successione logico-temporale dei fatti. L'uso di tali marche discorsive è tipico soprattutto del cinema classico, mentre molta cinematografia moderna e contemporanea tende a impiegare il flashback nell'ottica di una maggiore libertà e frammentazione del tempo narrativo, rendendo più difficile per lo spettatore seguire gli 'slittamenti' tra tempo della storia e tempo del discorso. Un esempio celebre è dato da ''[[Hiroshima mon amour|Hiroshima Mon Amour]]'' (1959) di [[Alain Resnais]], in cui tramite il [[montaggio]] i ricordi della protagonista punteggiano il film accavallandosi con il presente in modo inatteso, associando il dolore storico e collettivo ai ricordi privati del personaggio.
 
L'utilizzo del flashback sul grande schermo può essere fatto risalire a [[David Wark Griffith]], considerato come il padre fondatore del cinema narrativo stesso. Uno dei primi esempi di questa tecnica, infatti, si ritrova in ''[[Intolerance]]'', suo famoso film del [[1916]].
Agli esordi, però, questo dispositivo è usato in maniera abbastanza sporadica, almeno sino al [[1939]], anno in cui [[William Wyler]] realizza ''[[Cime tempestose (film 1939)|Cime tempestose]]'' (conosciuto in Italia anche con il titolo ''La voce nella tempesta''), adattamento dell'omonimo romanzo di [[Emily Brontë]]. Come nella versione cartacea, la storia principale – quella di Heathcliff e del suo amore per Catherine – viene narrata dalla governante Ellen, che soddisfa la curiosità del visitatore notturno Mr. Lockwood, cominciata per via di alcune visioni ectoplasmatiche. Dello stesso anno è ''[[Alba tragica]]'' di [[Marcel Carné]], interamente raccontato tramite flashback: la storia, infatti, comincia con l'assassino di un uomo in un hotel; mentre il responsabile di tale gesto (interpretato da [[Jean Gabin]]) è circondato dalla polizia, svariate analessi raccontano le motivazioni del suo gesto e la storia che vi sta dietro.
 
Nel cinema statunitense classico, la stragrande maggioranza dei film di ambientazione processuale utilizza i flashback come espediente narrativo: in questi casi gli eventi passati vengono visualizzati attraverso il racconto di un testimone, o la confessione di un criminale sottoposto a interrogatorio.
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Alle volte, un flashback può essere inserito all'interno di una pellicola, anche se esso non era presente nell'originale da cui essa è stata tratta. Ad esempio, la versione cinematografica del 1956 di ''Carousel'' – un [[musical]] di [[Rodgers e Hammerstein]] – presenta un'analessi atta ad attutire, in qualche modo, l'impatto drammatico del dipanarsi della storia, poiché Carousel era considerato insolitamente forte per essere un musical. Anche nella versione cinematografica di ''[[Camelot]]'' (1967) è stato aggiunto un flashback. In questo caso, il motivo non è da ricercarsi nella volontà di attutire il colpo di uno sviluppo narrativo successivo, ma – a detta dello sceneggiatore [[Alan Jay Lerner]] – nel fatto che l'opera teatrale aveva subito una serie di critiche per via del suo brusco cambio di registro, che spaziava dalla commediola alla tragedia in un battito di ciglia.
 
Occasionalmente, una storia può contenere un flashback con all'interno un'ulteriore analessi, come accade, ad esempio, nel famoso [[western]] diretto da [[John Ford]] nel 1962: ''[[L'uomo che uccise Liberty Valance]]''. In questo caso, infatti, la storia primaria è raccontata grazie a una serie di analessi, con la scena dell'assassinio di Liberty Valance che rappresenta un flashback all'interno dello stesso. Similare è anche la struttura di un film giapponese del 1968, ''Hitori Okami''. Una storia estremamente contorta, inoltre, potrebbe anche presentare analessi che contengono flashback che contengono analessi, come avviene in pellicole come ''[[6 gradi di separazione]]'' (1993), ''Il giuramento dei forzati'' (1944) e ''Il segreto del medaglione'' (1946). Questa tecnica è anche un tratto distintivo del regista indiano Upendra, il cui futuristico ''Super'' (2010) è ambientato nel 2030 e contiene multipli flashback che vanno dal 2010 al 2015 e dipingono un'India utopistica.
Un altro regista indiano che sperimenta con i flashback è [[Satyajit Ray]], che in ''Pratidwandi'' (1971) utilizza per primo la pellicola in negativo per la rappresentazione di scene dal passato.
 
Un buon esempio sia di analessi sia di [[prolessi]] è rappresentato dalla prima scena di ''[[La Jetée]]'' (1962): quello che si vede – come lo spettatore imparerà qualche minuto dopo – è, infatti, un flashback del passato (dato che il presente della diegesi del film è ambientato subito dopo la [[terza guerra mondiale]]) che – alla fine della pellicola – si rivelerà essere anche una prolessi, dato che l'uomo morente visto dal ragazzo è, in realtà, il giovane stesso. In altre parole, egli sta profeticamente assistendo alla sua morte; in questo modo, abbiamo un'analessi e una prolessi nella medesima scena.
 
Come nella letteratura, ovviamente i flashback possono anche essere disposti in ordine non cronologico, come scelse di fare [[Orson Welles]] nel suo famosissimo film del [[1941]], ''[[Quarto potere]]''. In esso, il protagonista, Charles Foster Kane (interpretato dallo stesso Welles), muore all'inizio del film, subito dopo aver pronunciato il nome “Rosebud”; il resto della pellicola è così composto da una serie di ricordi, incorniciati dal reporter che intervista i famigliari e i partner di lavoro di Kane, in un futile tentativo di comprendere il significato della sua ultima parola. Con il procedere delle interviste, pezzi della vita di Kane vengono rivelati tramite una serie di flashback non sempre disposti in ordine cronologico.
 
Anche se sono generalmente usate per fare chiarezza su un importante evento del passato, le analessi possono anche avere un narratore inattendibile, come avviene nella famosissima scena iniziale di ''[[Paura in palcoscenico]]'' di [[Alfred Hitchcock]] (1950), che mostra un flashback che non racconta la verità, ma la ricostruzione falsata di un omicidio. In maniera non troppo dissimile, la molteplice e contraddittoria ricostruzione di un crimine ne ''La Sottile Linea Blu'' di [[Errol Morris]] è rappresentata attraverso dei flashback basati su una serie di testimonianze divergenti. Anche ''[[Rashōmon]]'' di [[Akira Kurosawa]] (1950) utilizza questa tecnica e rappresenta il più celebre utilizzo di diverse testimonianze non coincidenti della storia del cinema di finzione.
 
Verso la fine della sua vita, il regista [[Howard Hawks]] si dichiarò orgoglioso del fatto che nessuno dei suoi film abbia utilizzato flashback.
 
Per quanto riguarda le serie televisive, ''[[Psych]]'' utilizza un flashback in quasi ogni episodio, così come ''[[Lost (serie televisiva)|Lost]]'' nelle sue prime tre stagioni e ''[[C'era una volta (serie televisiva)|C'era una volta]]''. Anche la prima stagione di ''[[Veronica Mars]]'' mostra vari spezzoni della vita della protagonista prima della morte di Lily Kane, in modo da approfondirne la psiche e fornire indizi sull'omicidio della giovane ragazza.
 
== Prolessi ==