Comunicazione filosofica (Kierkegaard): differenze tra le versioni

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Lo spirito contestatore di Kierkegaard è ben evidente anche nella sua polemica diretta contro la comunicazione, oggi diremo, di [[Massa (filosofia)|massa]]. L'accusa è quella di essere totalmente falsa non tanto perché i contenuti di questa comunicazione diretta a più individui sia più o meno vera, quanto perché nel rapporto tra chi emette la comunicazione e chi la riceve c'è una situazione di [[anonimo|"anonimato"]]. Nella "modernità", sostiene Kierkegaard, anche chi firma regolarmente il suo articolo, sia esso un giornalista, un pensatore non è mai "''in carattere''": egli cioè "''non reduplica''" ciò che dice nell'esistenza, e "''reduplicare vuol dire essere ciò che si dice''". Kierkegaard accusa la comunicazione "moderna" di voler mantenere un atteggiamento di distacco, di orgogliosa obiettività, di mancato coinvolgimento esistenziale in ciò che si scrive.
Compito del comunicatore deve essere al contrario quello di conformare la sua esistenza a quanto egli afferma e scrive. Bisogna quindi "reduplicare " la parola come hanno fatto Cristo e Socrate il cui "''merito infinito è precisamente di essere stato un pensatore esistente, non uno speculante che dimentica ciò che è l'esistere''".(S.Kierkegaard "Opere" a cura di C.FabbroFabro, Firenze 1972.)
 
Nella stessa condizione di anonimato si trova chi riceve la comunicazione. Con lo sviluppo della stampa ormai tutto ciò che si scrive viene diretto al "pubblico" ma "''il pubblico è un astratto che non esiste''".(Ibidem,op.cit.) Kierkegaard ha evidentemente colto la trasformazione propria della società del suo tempo: egli percepisce il fenomeno ancora indistinto della ''massificazione'' che si manifesterà pienamente nel corso della [[prima guerra mondiale]]. Ormai all'[[Vincenzo Gioberti (Il pensiero politico)|opinione pubblica]] formata da una [[borghesia]] più o meno colta, consapevole delle proprie idee, che spesso condiziona il potere politico si sta sostituendo una massa anonima ed indistinta che riceve passivamente la comunicazione, se ne fa strumentalizzare e diventa vittima passiva di chi ha il potere, di chi controlla la comunicazione agendo sulle passioni e i sentimenti.