Vanitas vanitatum et omnia vanitas: differenze tra le versioni

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Nei secoli, però, non tutti i lettori hanno condiviso le conclusioni concilianti del commentatore, e il Qohelet è diventato il simbolo di una più radicale negazione del valore di ogni cosa. A reinterpretare l'Ecclesiaste in senso "[[nichilismo|nichilista]]" è, per esempio, [[Giacomo Leopardi]], che nel canto ''A se stesso'' traduce il ''Vanitas vanitatum'' con ''L'infinita vanità del tutto''.<ref>G. Leopardi, ''[[wikisource:it:A se stesso|A se stesso]]'', ''[[Canti (Giacomo Leopardi)|Canti]]'', XXVIII, 16.</ref><ref>[[Giuseppe Fumagalli]], ''Chi l'ha detto? Tesoro di citazioni italiane e straniere, di origine letteraria e storica, ordinate e annotate'', Milano, Hoepli, 10ª ed, 1980, p. 247. ISBN 8820300923; ISBN 9788820300920 (disponibile [[wikisource:it:Chi l'ha detto?|su '''Wikisource''']]).</ref>
 
L'''[[Imitazione di Cristo]]'', un testo letterario cattolico particolarmente noto e pubblicato per la prima volta nel [[1418]], riprende nella sua introduzione questa massima biblica, aggiungendovi la frase: «praeter amare Deum et illi soli servire» ("eccetto amare Dio e servire Lui solo").<ref> Thomas à Kempis, [https://www.thelatinlibrary.com/kempis/kempis1.shtml ''De Imitatione Christi''. Liber Primus. Admonitiones ad Vitam spiritualem utiles. Cap. I. De imitatione Christi et contemptu mundi omniumque eius vanitatum.]</ref>
 
Questo tema è presente anche nell'[[Orlando Furioso]]. Infatti nel canto 34 l'[[Ariosto]] racconta l'avventura del paladino [[Astolfo (personaggio)|Astolfo]] che con il suo [[Ippogrifo]] ripete le tappe del viaggio iniziatico: scende negli inferi, ne esce e arriva fin sulla Luna accompagnato da [[San Giovanni Evangelista]], per recuperare il senno del cugino [[Orlando (paladino)|Orlando]], pazzo per amore di [[Angelica (Orlando furioso)|Angelica]]. La luna è lo specchio della Terra, infatti qui c'è tutto quello che sul nostro pianeta si è perso o per colpa del tempo o per Fortuna (sorte): "ciò che in somma qua giù perdesti mai,