I racconti di Kolyma: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Recupero di 1 fonte/i e segnalazione di 0 link interrotto/i.) #IABot (v2.0.8
Correggo link
Riga 13:
{{citazione|''Ricordo il viso di Varlam Tichonovič, solcato da rughe profonde, la fronte alta, i capelli gettati all'indietro, gli occhi azzurro-chiari e uno sguardo intenso, penetrante... eterno cavaliere, Don Chisciotte che voleva salvare gli uomini, le loro anime deboli e i loro deboli corpi.''|Irina P. Sirotinskaja, nella ''Prefazione'' ai ''Racconti di Kolyma''}}
 
Nella prefazione del libro, Irina P. Sirotinskaja racconta la storia della parola di ''orrore e verità'' di Varlam Šalamov attraverso l'oscuro sentiero dei lager [[stalinIosif Stalin|staliniani]]iani della [[Kolyma]]. S. rivela la tremenda "... facilità con cui l'uomo si dimentica di essere uomo" (p.&nbsp;IX), anche se, perfino nel buio più impenetrabile, continua a desiderare e sognare ancora uno spiraglio di luce. L'unica maniera di non tradire se stesso dopo questa esperienza, era quello di dire agli altri quest'orrore, senza però farlo diventare "oggetto d'arte", o come se potesse essere paragonato ad altre esperienze umane (''ibidem'').<br />
Ma, nonostante egli rifiuti qualunque tipo di "letterarietà" per queste ragioni, Irina non può fare a meno di rilevare la profondità del complesso "flusso lirico-emozionale" dell'opera, che S. compone nello spazio di vent'anni, subito dopo la scarcerazione definitiva del [[1953]].