Plebiscito sullo scioglimento del Landtag prussiano: differenze tra le versioni

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{{citazione|Il nemico principale della classe operaia era, è e sarà sempre la borghesia. Non abbiamo bisogno di inventare nuove formule. Nelle democrazie borghesi in fase di fascistizzazione, negli Stati fascisti, ovunque, in tutte le fasi della fascistizzazione degli Stati capitalisti, il nemico principale della classe operaia è la dittatura del capitale, indipendentemente dalla sua forma democratica o fascista. ... Ciò significa che in Germania il nemico principale oggi è il governo Brüning, sostenuto dai socialdemocratici, il governo che attua la dittatura fascista, che oggi incarna tutta la pressione della dittatura borghese sulla classe operaia. A seconda dell'ala su cui si appoggerà la borghesia nella lotta contro il proletariato, dobbiamo anche determinare da quale parte il colpo principale dei comunisti dovrà essere vibrato<ref>{{cita|Thälmann 1975|p. 216}}.</ref>.}}
 
Il KPD si adeguò prontamente all'impostazione del CEIC, abbandonando la propria precedente linea politica perche cuiindividuava il "nemico principale" (''Hauptfeind'') era individuato nel fascismo hitleriano. In un rapporto interno inviato al CEIC nel maggio 1931, il KPD «ammise» che l'XI Plenum aveva «ridotto la valutazione del fascismo alle giuste proporzioni» nel declassarlo ad avversario secondario. Il Comintern e la sua sezione tedesca erano sostanzialmente d'accordo nella valutazione della situazione politica e l'XI Plenum aveva appena approvato la "linea [[Richard Scheringer|Scheringer]]" (''Scheringer-Kurs''), consistente nell'attrarre nel KPD fuoriusciti dall'NSDAP agitando tematiche nazionaliste, sulla base della strategia nazionalpopulista della "[[rivoluzione popolare]]" (''Volksrevolution'') discussa con Stalin alla fine del dicembre 1930. Si concordò che il KPD avrebbe considerato l'SPD il proprio nemico principale anche perché, dopo la [[rivolta di Stennes]], l'NSDAP appariva sull'orlo del collasso. Secondo Manuil'skij il momento era dunque propizio per "smascherare" la strategia dell'SPD del "male minore", in quanto la crisi dell'NSDAP avrebbe reso sempre più improbabile l'ascesa di Hitler e dunque sempre più difficile per i socialdemocratici giustificare la loro politica di tolleranza verso Brüning. Nel KPD Neumann accolse con entusiasmo le risoluzioni antisocialdemocratiche dell'XI Plenum<ref>{{cita|Hoppe 2007|pp. 204-205}}.</ref>.
 
{{Tripla immagine|sinistra|Bundesarchiv Bild 102-12940, Ernst Thälmann (scrap).jpg||Heinz Neumann2.jpg||Hermann Remmele2.jpg||Il triumvirato alla guida del KPD: [[Ernst Thälmann]], [[Heinz Neumann]] e [[Hermann Remmele]]. Thälmann, segretario del partito, era scettico circa l'opportunità della partecipazione comunista al plebiscito, ottenuta da Neumann e Remmele provocando l'intervento in tal senso del Comintern.|larghezza totale=400}}
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{{Doppia immagine|destra|Vorwärts - 23. Juli 1931 - Karikatur.jpg||Der Abend - 7. August 1931 - Karikatur.jpg||Vignetta del ''[[Vorwärts]]'' dal titolo «L'aiutante solerte», che raffigura il fascismo come un'auto che trasporta Hugenberg (alla guida), Hitler, un capitalista e un militante dello Stahlhelm, e che riesce a superare la tappa dei sei milioni di voti grazie a un militante comunista che la sospinge lungo la salita. La didascalia recita: «Urrà, si va avanti – ci spinge uno da dietro!».|Vignetta di ''Der Abend'', supplemento del ''Vorwärts'', intitolata «Il plebiscito nerobianco-rosso» (riferimento alla [[Bandiera della Germania#Bandiere dell'Impero tedesco (1871-1918)|bandiera imperiale]]) e raffigurante caricature delle diverse forze sostenitrici dell'iniziativa che si trascinano l'un l'altra attraverso degli anelli al naso. La didascalia recita: «Ciascuno pensa di poter prendere gli altri per il naso!».|larghezza totale=400}}
 
Un tema ricorrente nella propaganda socialdemocratica era l'accostamento dei comunisti alle forze di destra: ad esempio, un volantino dell'epoca reca un fotomontaggio satirico raffigurante Thälmann nell'atto di arringare una platea di elmetti d'acciaio e altri militanti di destra, in cui si riconoscono tra gli altri il feldmaresciallo [[August von Mackensen]] e il principe ereditario [[Guglielmo di Prussia (1882-1951)|Guglielmo di Prussia]]<ref>{{cita web|url=https://www.mhpress.eu/flugblatt-volksentscheid-zur-aufloesung-des-preussischen-landtages-august-1931.html|titolo=Flugblatt - Volksentscheid zur Auflösung des preußischen Landtages - August 1931|lingua=de|accesso=6 giugno 2021}}</ref>. La propaganda del KPD fu accostata a quella di destra anche daldallo pacifistascrittore [[Kurt Hiller]], che in una lettera aperta indirizzata all'abile propagandista comunista Willi Münzenberg, impegnato nella campagna plebiscitaria, scrisse: «Hai agito come se avessi degli agenti nazisti nel tuo Comitato centrale [...] e se tu personalmente [...] ingoi questa decisione senza nuocere alla tua salute, allora... ammiro il tuo stomaco»<ref>{{cita|Gross 1967|p. 229}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.muenzenbergforum.de/muenzenberg-und-der-roten-volksentscheid/|titolo=Willi Münzenberg und der „Rote Volksentscheid“|lingua=de|accesso=25 agosto 2021}}</ref><ref group="N">Babette Gross, vedova e biografa di Münzenberg, scrive che quest'ultimo, pur considerando la partecipazione comunista al plebiscito «una follia», dopo un iniziale rifiuto di farne la propaganda sui suoi giornali si adeguò alla linea perché «un ordine del partito era un ordine del partito!» (''Parteibefehl war Parteibefehl!''). Cfr. {{cita|Gross 1967|pp. 228-229}}.</ref>.
 
La propaganda per l'astensione dal plebiscito adoperò anche l'argomento per cui la consultazione sarebbe stata inutile, poiché in caso di successo la procedura per lo scioglimento del Landtag non avrebbe potuto concludersi prima di dicembre, risolvendosi in un'anticipazione di pochi mesi della naturale conclusione della legislatura, prevista per la prossima primavera. Gli unici risultati tangibili del successo del plebiscito sarebbero dunque stati l'aggravamento della crisi finanziaria e la perdita della fiducia internazionale verso la Germania. Intervistato dal quotidiano ''Algemeen Handelsblad'' di [[Amsterdam]], l'ex presidente della [[Reichsbank]] [[Hjalmar Schacht]] al contrario attribuì la responsabilità dello stato disastroso della finanza tedesca proprio alla socialdemocrazia, accusata di aumentare enormemente la spesa pubblica senza provvedere alla sua copertura se non attraverso un'insostenibile pressione fiscale. Schacht si pronunciò quindi in favore del plebiscito, considerandolo «una necessità vitale per la Prussia e per il Reich», al fine di favorire l'avvento di un governo nazionale finanziariamente parsimonioso che avrebbe rapidamente riacquistato la fiducia internazionale<ref>{{cita news|G. P.|http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,9/articleid,1149_01_1931_0189_0009_24893615/|Viva attesa in Germania per i risultati del plebiscito prussiano|La Stampa|9 agosto 1931|p=9}}</ref>.
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Christian Striefler, in uno studio del 1993 sui rapporti tra KPD e NSDAP al tramonto della Repubblica di Weimar, scrive che le loro azioni congiunte sono state dibattute in relazione alla teoria del [[totalitarismo]], la quale tende ad assimilare fascismo e comunismo contrapponendo entrambi alla democrazia liberale. Gli autori liberali sostenitori del sistema democratico di Weimar hanno posto l'accento sul disprezzo per il parlamentarismo che accomunava comunisti e nazisti e sull'effetto distruttivo avuto sull'ordinamento democratico dalle loro azioni comuni. Gli studiosi più vicini al comunismo, in disaccordo con la teoria del totalitarismo, hanno citato i frequenti scontri tra i militanti dei due partiti come prova dell'impegno antifascista del KPD e hanno sottolineato la diversità dei loro obiettivi, ritenendo che alla base delle azioni congiunte vi fossero delle mere considerazioni tattiche a breve termine. Dal canto suo, Striefler ritiene che il plebiscito prussiano e lo [[sciopero dei trasporti di Berlino del 1932]], assurti a «cavalli da parata della teoria del totalitarismo», dimostrino che l'ostilità tra i due partiti non venne mai meno e che entrambi miravano all'annientamento della democrazia "formale" quale passaggio necessario per combattere la battaglia definitiva l'uno contro l'altro<ref>{{cita|Striefler 1993|pp. 141-144}}.</ref>. Quanto alla partecipazione del KPD al plebiscito, Striefler ritiene «ragionevole» la tesi per cui essa fu decisa principalmente nell'interesse della politica estera sovietica, intenzionata a indebolire l'SPD filoccidentale, anche considerato che la decisione fu presa dal Comintern negli stessi giorni in cui Brüning era a Parigi in visita di Stato<ref>{{cita|Striefler 1993|p. 148}}.</ref>.
 
Nel 2007 lo storico tedesco [[Bert Hoppe]] ha pubblicato uno studio sul rapporto tra il KPD e Stalin, realizzato grazie all'accesso agli ex archivi sovietici aperti nel 1991 in quella che è ricordata come "rivoluzione degli archivi" (''Archivrevolution''), che secondo Hoppe ha offerto agli storici del comunismo e dell'Unione Sovietica «opportunità di ricerca che prima potevano solo sognare»<ref>{{cita|Hoppe 2007|p. 19}}.</ref>. Hoppe scrive che il plebiscito è esemplificativo del «modo caotico in cui venivano determinate la politica e le decisioni del Comintern» e dimostra «che il KPD non era diretto in un modo freddo e calcolato, ma che i comunisti a volte prendevano le loro decisioni politiche per istinto – orientati dalle loro percezioni distorte e guidati dalle loro aspettative rivoluzionarie». Prese in esame le diverse interpretazioni storiografiche elaborate nei decenni precedenti su entrambi i versanti della [[cortina di ferro]], Hoppe afferma che la tesi per cui si sarebbe trattato di un'iniziativa del solo Neumann approvata da Stalin è viziata da una personalizzazione «secondo il consueto modello del [[capro espiatorio]]»<ref name="Hoppe 203"/>. Lo storico giudica «fuorviante» anche la tesi, sostenuta dalla storiografia occidentale sulla base del presupposto che il Comintern fosse principalmente uno strumento di politica estera dell'Unione Sovietica, per cui Mosca avrebbe schierato il KPD contro i socialdemocratici, considerati dall'XI Plenun del CEIC i «promotori e difensori più attivi» di un fronte antisovietico, per evitare che esercitassero pressioni sul governo tedesco affinché si avvicinasse alla Francia. Hoppe rileva in proposito che l'ambasciatore sovietico a Berlino, [[Lev Chinčuk|Chinčuk]], in un rapporto inviato a Mosca tre giorni dopo l'abbandono del Reichstag da parte dell'NSDAP, scrisse che le relazioni tedesco-sovietiche non sarebbero state aggravate dalll'accresciuta influenza dell'SPD sul governo enon cheavrebbe aggravato le relazioni franco-tedesche noncon l'URSS né migliorato quelle con sarebberola migliorateFrancia. Nella primavera del 1931 dunque Mosca non prese alcuna iniziativa per spingere il KPD a intensificare gli attacchi contro l'SPD, mentre l'idea di rovesciare il governo Braun attraverso una petizione popolare era già stata autonomamente valutata dalla direzione del partito tedesco in gennaio<ref>{{cita|Hoppe 2007|pp. 205-206}}.</ref>.
 
Hoppe individua le motivazioni che indussero la direzione del Comintern a schierare il KPD a sostegno del plebiscito nell'effettiva condivisione della tesi di Neumann per cui nell'estate del 1931 il collasso del capitalismo sarebbe stato imminente, nonché nell'intenzione di affossare definitivamente l'NSDAP approfondendone la crisi aperta dalla [[rivolta di Stennes]]. Secondo Hoppe, il Comintern riteneva che sottrarre agli estremisti di destra la conduzione della lotta contro il governo prussiano avrebbe permesso al KPD di conquistare i loro elettori (da qui la direttiva rivolta nel luglio 1931 dalla direzione del KPD ai funzionari del partito di «mettere in primo piano» la tematica nazionale e la lotta contro il [[piano Young]]), mentre la prospettiva di una partecipazione nazionalsocialista al nuovo governo prussiano era considerata «una tappa intermedia, un costo accettabile» sulla strada della rivoluzione comunista<ref>{{cita|Hoppe 2007|pp. 221-225}}.</ref>.