Discussione:Industria: differenze tra le versioni

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È possibile che questa parola veni dell'inglese ''industries'' (''industry'' ?) e no dirittamente del latino ''industria'' (che ha quasi la stessa significanza)? [[Immagine:Sherrin.png|40px]] [[Utente:Pippu d'Angelo|ρ¡ρρµ δ→θ∑]] - [[Discussioni utente:Pippu d'Angelo|<small>(waarom? jus'b'coz!)</small>]] 13:38, 28 dic 2005 (CET)
 
== Testo tratto dalla voce ==
 
Riporto in questa pagina di discussione parte di testo (sostanziale) aggiunto da [[Speciale:Contributi/87.6.194.249|87.6.194.249]], di dubbia enciclopedicità e con connotati di considerazioni personali e presenza di POV.
 
La trasformazione della materia informe in prodotto finito non può non riverberarsi in un miglioramento sostanziale delle condizioni di quelli che questa ricchezza hanno contribuito a generare: vale a dire i lavoratori. E che questa considerazione non derivi da una visione politica di parte, ma sia culturalmente diffusa è dimostrato dal fatto che per esempio nel Mezzogiorno d'Italia l'industrializzazione fu vista nel passato come tappa obbligata per il riscatto di quelle popolazioni. Che poi così è stato, perchè se non fosse stato per i grandi siti industriali costruiti nel Sud presumibilmente la gente avrebbe continuato a marcire nell'ignoranza, senza la televisione e l'automobile che tanto hanno significato per il riscatto dell'individuo.
E' un dato di fatto che negli anni sessanta in televisione c'era un programma per gli analfabeti: si chiamava "Non è mai troppo tardi".Analfabeti erano infatti i contadini, i figli dei contadini, i braccianti, i figli dei braccianti...finchè non è arrivata l'industria, a dimostrare che il riscatto sociale dell'individuo parte dalla sua capacità di interagire con il mondo: cosa che gli viene consentita dall'industria. Per cui l'industria è una potente fucina di autocoscienza: l'individuo si migliora in termini di comprensione del mondo: perchè parla con quelli che ne sanno più di lui, perchè si cimenta in cose che lo impegnano, in tutto questo spinto da una necessità di adeguamento all'ambiente che, non essendo nel caso dell'industria rappresentata da una natura molto spesso matrigna e crudele, quella dei campi e delle avversità metereologiche, non può che predisporlo al meglio.
In questo il Mezzogiorno non fa eccezione: la rivoluzione industriale di due secoli fa ha cambiato il mondo, che in un certo senso era come il Mezzogiorno d'Italia: solo che nel Mezzogiorno ci è arrivata due secoli dopo, ma si sa com'è...nell'orologio della Storia i secoli sono come i minuti. La questione però è un'altra:che cioè mentre negli altri Paesi, pur nelle sue contraddizioni, il sistema industriale ha mantenuto una sua intrinseca coerenza ( quella appunto della creazione del valore, a prescindere da un'equa redistribuzione dello stesso fra gli aventi diritto) in Italia le cose sono andate diversamente. Il sistema si è snaturato. Ha perso la sua caratteristica fondamentale: la capacità di aggiungere valore.
Una anomalia tutta italiana. --[[Utente:Cisco79|Cisco79]] 13:31, 19 dic 2007 (CET)
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