Eccezione (diritto): differenze tra le versioni

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In diritto l''''eccezione''' è, in senso proprio, un [[fatto giuridico]] introdotto nel [[processo]] che estingue, modifica o impedisce l'efficacia dei fatti su cui si fonda illa [[diritto soggettivo|diritto]] fatto valeredomanda dadi chi ha esercitato l'[[azione (diritto)|azione]] (''fatti costitutivi'').
 
Le eccezioni, in senso proprio, vanno tenute distinte dalle ''mere difese'' con le quali il [[convenuto]] (nel [[processo penale]], l'[[imputato]]) contesta la fondatezza della domanda dell'[[attore (diritto)|attore]] (nel processo penale, l'accusatore), adducendo che il fatto costitutivo del suo diritto non si è verificato o si è verificato con modalità diverse da quelle che ha prospettato oppure che la disposizione di legge da lui invocata non esiste o contiene una disciplina diversa da quella che ha indicato. Peraltro, il termine eccezione viene utilizzato anche in senso ampio, comprensivo delle mere difese.
 
L'ordinamento può stabilire che oltre ad essere proposta da una parte, l'eccezione è rilevabile d'ufficio dal [[giudice]], nel qual caso si parla di ''eccezione in senso lato'', mentre quando l'eccezione può essere solamente proposta da una parte si parla di ''eccezione in senso stretto''. Nel [[diritto processuale civile]] italiano le eccezioni sono di regola rilevabili d'ufficio (ciò si evince ''a contrario'' dalla disposizione contenuta nell'art. 112 del [[Codice di procedura civile]]), sebbene ve ne siano alcune che devono essere proposte dalle parti (ad esempio, quelle di [[prescrizione]] e di [[compensazione]]).
 
Poichè, a differenza della mera difesa, con l'eccezione vengono introdotti nel processo nuovi fatti, gli stessi devono essere provati secondo il principio dell'[[onere della prova]].
 
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