Terza rima: differenze tra le versioni

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Tutti i versi, tranne la prima e l'ultima coppia (A e Z), rimano a tre a tre. Il numero dei versi può variare, ma se diviso per tre dà sempre il resto di 1. I gruppi di tre versi che rimano fra loro sono intrecciati l'uno con l'altro in una sequenza continua, come gli anelli di una [[catena]]. La terza rima viene quindi anche detta '''rima incatenata'''.
 
È naturale raggruppare i versi in [[terzina|terzine]] (al termine rimane un verso isolato): si parla allora di '''[[terzina dantesca''']] (come nella ''Divina Commedia'', appunto). La terza rima però è stata usata anche con altri tipi di [[strofa]] e da altri poeti, fino almeno al [[XIX secolo]]. Nella forma canonica i versi sono [[endecasillabi]].
 
La terza rima forma un'unità in sé, e contemporaneamente permette la continuità. La concatenazione delle unità è mantenuta grazie alla ripetizione della rima centrale della precedente terzina, che conferisce al testo poetico uno sviluppo pertinente e una coesione logica e ritmica. Inoltre questa concatenazione rendeva molto più ardua l'interpolazione dei copisti, che a volte aggiungevano versi nelle poesie.