San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli: differenze tra le versioni

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La scena rappresentata nel quadro si riferisce alle tormentate vicende che le fonti agiografiche narrano a riguardo del martirio di [[San Gennaro]]. Dopo essere stato sottoposto ad altri tormenti, San Gennaro ed i suoi seguaci sono dati in pasto ad un branco famelico di orsi e di leoni. Le belve, anziché assalirlo, si acquietano subito e vanno a leccare i piedi del Santo (che, dopo questo vano tentativo di dargli la morte, sarà poi decapitato).
 
La tela - purtroppo in cattivo stato di conservazione – ci mostra l'istante in cui le belve sono ormai ammansite, mentre San Gennaro, che indossa la mitria vescovile, veste una piviale aperta su una tunica bianca e si appoggia al bastone pastorale, solleva la mano destra, quasi a voler benedire le fiere. Intorno a lui, i suoi seguaci esprimono stupore per il prodigio e venerazione per il santo vescovo. Sullo sfondo si osservano, fedelmente rappresentate, le alti pareti dell'anfiteatro romano (particolare che qualche critico ritiene di dover attribuire ad un qualche collaboratore romano di Artemisia); l'anfiteatro viene rappresentato quale quinta scenografica visto però dall'esterno (dunque incoerente con la presenza di belve libere), in quanto quello è il suo aspetto più conosciuto che lo fa riconoscere tale.
 
I modi stilistici del quadro non hanno la consueta forza drammatica propria della pittrice romana, ma si adattano ad un più misurato e convenzionale linguaggio agiografico.