Editto di Restituzione: differenze tra le versioni

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Siccome quei conventi e monasteri che sono immediatamente alle dipendenze del Sacro Romano Impero vanno distinti da quelli siti in altro territorio, e pertanto di non diretta pertinenza degli stati, si dispone che per questi, e particolarmente per i beni di questi conventi e monasteri, valgano le norme vigenti prima del patto di Passau; gli stessi stati non dovrebbero ora più discutere né impugnare le vie legali circa il destino di questi beni; se ne deduce che quei conventi e monasteri che facevano parte della pace di religione non prima ma dopo il patto di Passau, ne costituiscono l'eccezione e che agli appartenenti alla confessione augustana non si da nessun diritto di riformarli od inglobarli; questo non sarà ammesso e se dovesse invece succedere, le parti potranno far valere i propri diritti.
Inoltre si è venuto a sapere, che numerosi stati contestatarie si sono permessi di comportarsi in disaccordo alla seguente lettera del paragrafo "e dopo che etc." (par. 6) in cui si dice chiaramente: "Dove un arcivescovo, vescovo prelato etc. venga rispettato". Non soltanto alcuni non hanno ceduto i rispettivi vescovati dopo aver abbandonato la fede cattolica, altri, che non avevano tali beni, hanno cercato di appropriarsi di tali vescovati e prelature, accecati dal paragrafo presente e adducendo il pretesto, che questo non facesse parte della pace di religione, lo accolsero con vivaci proteste.
Per questo noi facciamo studiare attentamente gli atti per ottenere informazioni esatte su tale paragrapho, detto genericamente anche "del reservatum ecclesiasticum", e per capire quale ne sia la natura e come sia da intendersi nell'ambito della pace della religione (anche se poi la lettera sulla pace della religione dovrebbe essere sufficiente); In base a ciò decideremo sulle contestazioni presentateci, affinchèaffinché la pace della religione sia composta e redatta con la partecipazione, la buona volontà ed il consiglio di tutti i principi elettori e da tutti gli stati di entrambe le religioni; in seguito essa va ratifìcata e giurata dagli stati presenti, riconosciuta in tutti i suoi singoli punti, clausole e articoli, perché venga attuata con la fedeltà più assoluta e perché non venga trasgredita.
Noi ed i nostri predecessori ci siamo impegnati con esattezza nel nostro contratto di elezione ed incoronazione in questa pace di religione con i suoi precisi contenuti; i nostri principi elettori del Sacro Impero non ci avrebbero richiesto tale impegno senza riserva e differenza, se nel suo contesto vi fosse stato un passaggio qualsiasi, al rispetto del quale non fossimo stati obbligati.
Da quanto fin qui esposto e basandoci sul contenuto della pace di religione e su altre leggi del Sacro Impero, nonché su atti ed attività imperiali già risolte, riconosciamo i tre articoli principali e dichiariamo: in primis che gli stati contestatali non hanno alcun motivo per la loro protesta né per la presentazione di un gravamen, perché, su richiesta dei generali degli ordini, degli abbati e prelati e di altri stati ecclesiastici non direttamente alle dipendenze del Sacro Impero si istituisca un processo innanzi a noi o al tribunale imperiale, affinchèaffinché questo processo venga concesso, svolto e portato ad una sentenza, in materia di confisca dei conventi, monasteri, ospedali e delle fondazioni religiose.
Però constatiamo anche che gli stati cattolici che hanno giustamente lamentato che i loro monasteri e beni ecclesiastici, di cui erano in possesso da sempre o comunque sin dai tempi del patto di Passau, erano stati confiscati contrariamente allo spirito della pace di religione, ora contestano il sequestro delle tasse e dei proventi loro spettanti, dicendosi indignati di tale violazione della pace suddetta, che comporta la ritenzione dei beni da parte delle autorità contro le intenzioni ed opinioni degli ideatori della norma e contro l'evidente interpretazione stessa della pace della religione.
Nel secondo articolo non riconosciamo alcun motivo di protesta da parte degli appartenenti alla confessione augustana; lamentano che loro confratelli, che sono ancora in possesso di fondazioni religiose, vescovati e prelature dipendenti dal Sacro Impero o che comunque ne rivendicano il possesso, non vogliono essere considerati vescovi o prelati da parte degli stati cattolici, né vogliono notare durante le sedute del Consiglio, né vogliono riceverne le regalia ed il feudo, visto che da parte dei cattolici in base allo spirito del reservatum eccleslasticum vien fatta presentazione di gravamina in cui si chiede che i loro vescovi e prelati usciti dalla religione cattolica, non possano mantenere i rispettivi vescovati e prelature, nonché ogni diritto e privilegio di cui godevano prima che fossero riconosciuti quali stati facenti parte dell'impero proprio grazie al possesso di tali vescovati e prelature, e che anche coloro che non fossero di fede cattolica, né qualificati in alcun modo nello Stato ecclesiastico, non possano appropriarsi di questi vescovati e prelature e continuare a farlo, credendo di annullare con ciò tutti gli stati ecclesiastici cattolici e quelli a loro simili.
Trovandosi ora la spiegazione della parte più nobile ed importante dei gravamina, che comportavano problemi di sicurezza pubblica, come già detto in precedenza nelle parole chiare della pace di religione, nelle costituzioni e negli atti dell'impero ed avendo studiato se vi sia motivo di contestazione legittima o meno ordiniamo alla nostra Corte d'Appello [...] di giudicare ed emettere una sentenza su questa nostra dichiarazione anche in futuro senza discuterne oltre, qualora dovesse ripresentarsi un caso analogo a quanto descritto in questa risoluzione; e siccome le spolia e turbationes come anche l'occupazione dei conventi e delle prelature contrariamente al contenuto della pace della religione in molti luoghi (sono) noti e incontestabili, e risultando anche lo ius dalle parole, della pace di religione e da altre incontestabili leggi dell'impero come già menzoniato sopra, in questi casi si dia assistenza alla parte oppressa, affinchèaffinché possa ottenere quanto le spetta. Per attuare tanto la pace di religione quanto la pace civile siamo ora decisi a mandare i nostri commissarios imperiali nell'impero, perché essi chiedano agli illegittimi detentatoribus la restituzione degli arcivescovati e vescovati, prelature, monasteri e conventi, nonché dei beni ecclesiastici, degli ospedali e delle fondazioni che erano stati in possesso dei cattolici ancora prima o sin dai tempi del patto di Passau e che se li sono visti sottrarre contrariamente a quanto previsto dalle leggi; la Corte d'Appello provveda poi a trovare persone qualificate che dirigano queste fondazioni e questi conventi e faccia in modo
che ognuno possa godere senza peripezie e perdite di tempo dei diritti riconosciutigli dalla pace della religione.
Chiediamo allora ai presenti che ci ascoltano attentamente, di voler rispettare le leggi della pace di religione e della tranquillità pubblica, e di non violare questo nostro ordinamento, bensì fare in modo di attuarlo nelle rispettive terre, dove-i nostri commissari saranno a loro disposizione. Coloro che attualmente posseggono i suddetti arcivescovati, vescovati, prelature, monsteri, ospedali, praebenda, fondazioni ed altri beni ecclesiastici, seguano lo spirito di questo nostro editto imperiale, preparandosi a rinunciare e restituire questi vescovati, prelature ed altri beni ecclesiastici, e mettendo il tutto senza riserva a disposizione dei nostri commissari imperiali senza opporre resistenze; altrimenti essi andranno anche soltanto per eventuali ritardi nella restituzione, incontro alle pene previste dalla pace di religione e dalle leggi di tranquillità pubblica, di cui si chiede il rispetto, e perderanno a causa della loro notoria disubbidienza tutti i loro privilegi e diritti ipso facto, senza condanna né sentenza; in seguito ne verrà inevitabilmente ordinata l'esecuzione.