Clara Petacci: differenze tra le versioni

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La vicinanza di Clara a Mussolini finì per innalzare il rango della sua famiglia, alimentando voci relative a favoritismi e possibili episodi di corruzione, dei quali veniva prevalentemente ritenuto responsabile (anche da ambienti legati alla gerarchia fascista) il fratello Marcello (Roma [[1 maggio]] [[1910]] - [[Dongo]] [[28 aprile]] [[1945]]).
 
Verso la fine del [[1939]] i Petacci si trasferirono dalla residenza medio-borghese di via [[Lazzaro Spallanzani]] (confinante con [[villa Torlonia]]) nella splendida villa "Camilluccia" (sita nell'omonima via, in una zona esclusiva di Roma), progettata dagli architetti italiani [[Vincenzo Monaco]] e [[Ugo Luccichenti]], e che rappresentava un notevole esempio del [[Razionalismo italiano]].
 
La grande casa era divisa in 32 locali distribuiti su due piani sovrastati da una terrazza. Nel sottosuolo, come nella residenza del duce di [[Villa Torlonia]], era ricavato un rifugio antiaereo, mentre nell'ampio parco erano presenti anche una piscina, un campo da tennis, un giardino fiorito, curato da Clara, un orto e un pollaio, curati dalla madre. L'accesso al complesso era sorvegliato da una guardiola per il portiere ed una per la guardia presidenziale assegnata alla proprietà.
 
Nell'ala destra del piano terreno (probabilmente per ragioni di sicurezza dovute alla necessaria vicinanza con il rifugio) era posizionata l'alcova di Claretta e Benito. Composta da una camera con pareti e soffitto ricoperte da specchi ed arredata con mobili rosa, era servita da una stanza da bagno rivestita in marmo nero e dotata di grande vasca mosaicata, posta a filo del pavimento, che voleva imitare le vasche termali romane.