Struttura del capitale: differenze tra le versioni

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Lo studio della struttura del capitale ha inizio con il lavoro di [[Franco Modigliani|Modigliani]] e [[Merton Miller|Miller]] (1958), che giunge a una conclusione di irrilevanza della struttura del capitale (ossia la proposizione in base alla quale cambiamenti nella struttura del capitale non creerebbero [[valutazione (finanza)|valore]] per le imprese), sotto ipotesi ideali circa l'assenza di frizioni nei [[mercati finanziari]]. La rimozione di tali ipotesi semplificatrici ha dato luogo a due filoni classici di teorie della struttura del capitale:<ref>Si veda anche Harris e Raviv (1991, pag. 299), dove le categorie del ''trade-off'' e del ''pecking order'' vengono decomposte in sottocategorie.</ref>
*Teorie del ''trade-off'', che concludono che esiste, per ciascuna impresa, una struttura ottimale del capitale;
*Teorie del ''pecking order'', in generale basate sulla [[asimmetria informativa|rimozione dell'ipotesi di [[asimmetria informativa|perfetta informazione]] alla base del risultato di [[Franco Modigliani|Modigliani]] e [[Merton Miller|Miller]], che concludono che, in presenza di asimmetrie informative tra i manager delle imprese e il mercato, le imprese troveranno più conveniente ricorrere a forme di finanziamento il cui valore è meno sensibile rispetto all'informazione oggetto dell'[[asimmetria informativa]].
Una linea di ricerca più recente, fondata sui risultati della [[finanza comportamentale]], è relativa all'ipotesi del ''market timing'', in base alla quale le imprese ricorrerebbero alla forma di finanziamento più conveniente in un dato momento, sulla base di preferenze "irrazionali" degli investitori; ad esempio, emetterebbero azioni allorché il prezzo di mercato delle azioni è superiore a una loro valutazione "[[Homo economicus|razionale]]," e viceversa ricorrerebbero al debito quando le azioni sono sottovalutate dal mercato.