Francesco Delfino: differenze tra le versioni

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Il [[23 gennaio]] [[2001]] la [[Corte di Cassazione]] ha confermato in via definitiva la sentenza di condanna del Tribunale di Brescia; secondo la sentenza, così confermata, il generale avrebbe approfittato del rapimento dell'amico Soffiantini al fine di truffare alla famiglia la somma di circa 800 milioni di lire, prospettando falsamente che tale somma fosse utile ad ottenere la liberazione del loro congiunto sequestrato<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2001/gennaio/24/Sequestro_Soffiantini_confermata_condanna_del_co_0_010124488.shtml Corriere della Sera, "Sequestro Soffiantini: confermata la condanna del generale Delfino]</ref>.
 
==Delfino, l'eversione di destra e la strage di piazza della Loggia==
Delfino, all'epoca capitano presso il Nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia, si occupò della [[strage di piazza della Loggia]] e delle attività della destra eversiva del bresciano. Le sue indagini sulla strage condussero all'[[imputazione]] a carico di [[Ermanno Buzzi]] quale responsabile del delitto, sulla base delle dichiarazioni rilasciate da Ombretta Giacomazzi, anni dopo divenuta nuora di Soffiantini, la quale affermò che il Buzzi si sarebbe vantato con lei di esserne l'autore<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1998/aprile/11/Piazza_della_Loggia_teste_chiave_co_0_9804114332.shtml Archivio Corriere della Sera]</ref>. Nel [[1979]] il Buzzi fu condannato, insieme ad altri neofascisti, e nel [[1981]] fu ucciso in carcere<ref>Strangolato il [[13 aprile]] [[1981]] da [[Pierluigi Concutelli]] e [[Mario Tuti]].</ref>; nel [[1985]] la [[Corte di Cassazione|Cassazione]] assolse tutti gli imputati.
 
L'attività investigativa di Delfino, lo mise in contatto in particolare con il giudice [[Giovanni Arcai]].
Il [[14 maggio]] [[2008]], a seguito di un filone d'indagine avviato sin dal [[1993]] dopo le dichiarazioni rilasciate da [[Donatella Di Rosa]] (detta dalla stampa ''Lady Golpe''), si è giunti - a 34 anni dalla strage - al rinvio a giudizio, con l'accusa di concorso nella [[strage di Piazza della Loggia]] di Francesco Delfino assieme a [[Delfo Zorzi]], [[Maurizio Tramonte]], [[Carlo Maria Maggi (Ordine Nuovo)|Carlo Maria Maggi]], [[Pino Rauti]] e [[Giovanni Maifredi]]. Il processo avrà inizio il [[25 novembre]] [[2008]]<ref>[http://www.corriere.it/cronache/08_maggio_15/piazza_loggia_rinvio_6fa7175e-225e-11dd-8bc7-00144f486ba6.shtml Corriere della Sera, "Piazza della Loggia, rinvio a giudizio per tutti gli imputati", 15 maggio 2008]</ref>.
Nel [[1993]] [[Giuseppe Rosina]], un ex detenuto che condivise la cella con neofascisti a vario titolo coinvolti in questa ed altre vicende del periodo, dichiarò che il Delfino ed il giudice Arcai, che indagava sulla strage, "''erano due corpi e una sola anima''" e che ad essi avrebbe dichiarato nel giugno del [[1975]] che fra la vicenda della strage di piazza della Loggia e la sparatoria di [[Pian del Rascino]], avvenuta in un campo paramilitare in cui era morto il neofascista [[Giancarlo Esposti]], o almeno fra i gruppi eversivi responsabili della strage e quelli che avevano attrezzato il campo paramilitare, potevano esservi collegamenti, dato che esponenti di questi ultimi<ref>Salvatore Vivirito e ad Alessandro Danieletti, con cui era in cella a [[Lodi]]</ref> avevano dichiarato di sapere chi avesse perpetrato la strage: "''l'avevano messa i camerati di Milano appoggiandosi a quelli di Brescia''"<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1993/novembre/10/Gianni_Nardi_Delle_Chiaie_spie_co_0_9311104720.shtml Archivio Corriere delle Sera]</ref>. Il giudice Arcai fu sollevato dall'inchiesta quando nel successivo novembre suo figlio Andrea fu sospettato di partecipazione alle cosiddette [[trame nere]].
 
A seguito di alcune dichiarazioni rilasciate da [[Donatella Di Rosa]] (detta dalla stampa ''Lady Golpe''), un nuovo filone d'indagine prese l'avvio nel [[1993]]. Il ruolo ricoperto dal Delfino nelle investigazioni successive all'attentato cominciò ad essere oggetto di interesse; ad esempio, la [[Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi|Commissione Stragi]] più volte, in diverse audizioni, richiese a diversi soggetti notizie circa il generale Delfino ed il suo operato nella circostanza e riguardo ad indagini effettuate sull'eversione di destra.
 
===Le audizioni della Commissione Stragi===
In occasione dell'audizione del giudice [[Guido Salvini]], la domanda circa eventuali risultanze in sede inquirente di responsabilità del Delfino (domanda, in verità, accorpata ad un'altra domanda sull'estremismo di destra a Brescia), provocò l'interruzione della seduta pubblica, il Salvini presumibilmente rispose in seduta segreta e nel solo tempo di 4 minuti si riprese in seduta pubblica<ref>[http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno12.htm Resoconto stenografico Commissione Stragi], 20 marzo 1997</ref>. Fu richiesta l'audizione di Delfino e del giudice Arcai, che furono sentiti separatamente, iniziando da quest'ultimo; l'insieme delle due audizioni costituisce una sorta di contraddittorio a distanza dal quale si assumono numerosi dettagli, sia pure con notevoli divergenze, circa l'attività dell'ufficiale. Prima di iniziare quella del magistrato, il presidente della commissione, senatore Pellegrino, informò che ad entrambi era stata sottoposta la proposta di relazione della Commissione per la parte relativa alla strage di Brescia, ricevendo in risposta una lettera dissenziente ma cortese dell'Arcai ed "''una lettera del generale Delfino, che è sostanzialmente una lettera di insulti''"<ref>[http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno21.htm Resoconto stenografico Commissione Stragi], 4 giugno 1997</ref>. Il presidente Pellegrino esplicitò quindi il senso delle critiche contenute nella relazione che aveva offeso il Delfino: «''A me cioè è sembrato che l'aver indirizzato le indagini non tanto sulla persona di Buzzi, quanto piuttosto sul contorno, sul gruppo intorno a Buzzi, abbia indubbiamente impresso un ritmo ed una direzione alle indagini che probabilmente ha impedito che una serie di elementi, che poi invece furono valorizzati nella seconda parte delle vicende processuali, nel secondo processo, in particolare nel processo contro Cesare Ferri ed altri, avrebbero meritato ben altra valorizzazione''».
 
Subito dopo la premessa del presidente, Arcai spiegò come il Delfino fosse giunto ad occuparsi del [[Movimento di Azione Rivoluzionaria|MAR]] di [[Carlo Fumagalli]], un'organizzazione di estrema destra coinvolta in diverse vicende oscure; il primo episodio narrato riguardò l'arresto di due ragazzi fermati "casualmente" mentre giravano su un'auto con a bordo ''mezzo quintale di esplosivo di una certa natura, più cinque chili di esplosivo di altra natura''. Dopo che il Delfino, che aveva avuto precedenti contatti con un magistrato della Procura di Brescia, ebbe denunciato i giovani ad un magistrato diverso<ref>Arcai precisò: ''Ripeto, sembrò strano che Delfino avesse presentato il rapporto al dottor Trovato, che non era titolare dell'inchiesta. Ma poteva capitare che ufficiali di polizia giudiziaria accorti scegliessero i sostituti della procura che facevano loro comodo.''</ref>, Arcai, nella funzione di [[giudice istruttore]], presto si rese conto che la relazione di servizio presentata dal Delfino era falsa e che dietro il fermo "casuale" c'era in realtà ''un'operazione studiata a tavolino da tempo e orientata dal generale Palumbo''<ref>Relato di Arcai; il generale Giovambattista Palumbo era al tempo comandante della divisione di Milano.</ref>, incardinata sull'infiltrazione nel MAR di un certo [[Gianni Malfredi]]. Comunque Delfino presentò una nuova relazione che sconfessava la precedente e secondo Arcai ''Dal rapporto vero risulta - per le dichiarazioni del capitano Delfino e per l'esistenza del rapporto stesso - che in un processo incredibilmente ci sono due rapporti, uno dichiarato ufficialmente falso (con il capitano Delfino che ammette che è falso, però - secondo la sua opinione - per ragioni superiori di giustizia) e un rapporto vero o quasi - a mio avviso -, perché anche quello non è del tutto vero; ma è vera l'ossatura''.
 
Arcai quindi dichiarò alla Commissione che alcune circostanze lasciavano dedurre che Delfino ricattasse il Maifredi, inizialmente infiltrato in un gruppo diverso dal MAR<ref>Si tratta di un gruppo afferente ad un certo ingegner Tartaglia. Il ricatto era desunto da alcune affermazioni riportate dalla moglie del Maifredi che, pregato il Delfino di "lasciar stare" il marito (che nel frattempo era ufficialmente un operaio ma aveva in casa una telescrivente, diverse armi e numerose radio ricetrasmittenti), ne sentì dirsi che, o "''suo marito fa quello che sta facendo o altrimenti va in galera''" (relato di Arcai). Delfino disse invece nella sua audizione di non aver mai visto Maifredi se non nel suo ufficio e di quanto affermato sulla minaccia dichiarò ''Un episodio del genere non lo ricordo e poi non capisco quale influenza possa avere in una indagine''.</ref>; lo scopo dell'infiltrazione era il contatto con Fumagalli, che al tempo era alla ricerca di armi pesanti da guerra, a lunga gittata, e disponibile a pagarle bene. Delfino era assai bene informato su Fumagalli per aver svolto su di lui approfondite indagini non appena trasferito a Brescia<ref>Arcai dettagliò: ''Prima che lo dimentichi, vi voglio dire che appena venne a Brescia, alla fine del 1972, il capitano Delfino venne mandato in missione in Valtellina con il maresciallo Cenzon per tampinare Carlo Fumagalli, del quale lui poi farà rapporto parlando di un certo ''ingegner Jordan''. Era stato in Valtellina a tampinarlo e a fare accertamenti: sapeva già tutto di Carlo Fumagalli.''. Delfino sostiene invece, sempre nella sua audizione, che "''giunto a Brescia per la prima volta, incomincio ad interessarmi di attività eversiva, che non avevo mai trattato prima, quando vengo inviato, a seguito dei risultati che avevo ottenuto in Sardegna, in Valtellina per una serie di attentati ai treni tra l'agosto e l'ottobre del 1972. Il mio primo contatto con l'eversione fu in quella occasione quando riuscii ad identificare i due fratelli responsabili del furto dell'esplosivo.''" (il riferimento è ''ai fratelli Romeri che poi compariranno nelle indagini sul Mar Fumagalli''). Circa il nome "Jordan", va ricordato che il MAR ricevette finanziamenti, per il tramite di un servizio segreto, da [[Jordan Vesselinov]] (o Wessilinov), un agente segreto bulgaro di nascita che aveva prestato i suoi servigi ad entità di ''intelligence'' di molti paesi, anche fra loro antagonisti. Il servizio usato da tramite per il finanziamento sarebbe stato il "[[Noto Servizio]]" creato da [[Mario Roatta]] (Rita Di Giovacchino, ''Il libro nero della Prima Repubblica'', Fazi, 2005 - ISBN 8881126338, 9788881126330).</ref>.
 
Del suo incontro con Maifredi, Delfino nel corso della sua audizione disse che il soggetto gli si era proposto, dichiarandosi addestratore in campi paramilitari<ref>Dal verbale dell'audizione di Delfino dinanzi alla Commissione Stragi: «''Il 23 novembre 1973 si presenta spontaneamente a me tale Maifredi, mai conosciuto prima, il quale mi chiede se effettivamente ero alla ricerca di traffici di armi o di campi paramilitari. Egli inizia a collaborare, o meglio verbalizzare pagine relative ad un'attività paramilitare, con addestramento alle armi, della quale lui si denunciava essere l'istruttore.''» ([http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno23.htm v.])</ref>. Arcai però aveva già accennato di sapere bene che ufficialmente Delfino diceva che il loro incontro sarebbe risalito alla fine del 1973, ma si era fatto convinto che ''il loro accostamento dovrebbe essere avvenuto molto prima, almeno un anno prima''.
 
Contattato Fumagalli, secondo Arcai il Maifredi gli propose uno scambio: avrebbe procurato le armi presso un fantomatico gruppo arabo che sarebbe stato invece interessato ad acquistare esplosivi. I due ragazzi arrestati con l'esplosivo in macchina dagli uomini di Delfino<ref>Kim Borromeo e Giorgio Spedini</ref>, perciò, lo avevano appena ritirato da Fumagalli. La relazione falsa attribuiva la "fornitura" a pittoreschi soggetti di facciata che in realtà sarebbero stati carabinieri dipendenti da Delfino, e sui quali si giunse ad investigare pur essendosi già scoperta la falsità del rapporto<ref>Chiosò Arcai: ''Il problema in realtà è un altro: una quantità di denaro pubblico speso per inventare, redigere falsi verbali, mandare sottufficiali a destra e a sinistra, interrogare persone che non potevano sapere niente di questa operazione. Appurato che il rapporto era falso, sorgeva comunque l'altro problema: è un rapporto falso consegnato a un pubblico ministero, cioè ad un magistrato.''</ref>. Delfino ammise e giustificò la falsità della relazione: ''Questo è vero. Io non avevo l'obbligo - d'accordo con il magistrato - di portare a conoscenza di tutti gli avvocati ciò che bolliva in pentola. Si trattava di un'esigenza processuale.'' Questa esigenza, notò, si nutriva anche della probabilità che il processo a Spedini e Borromeo fosse celebrato per direttissima.
 
Altri uomini di Delfino, come il maresciallo Siddi, suo braccio destro, e l'appuntato Farci, furono assegnati alla [[scorta]] del giudice Arcai, nel frattempo fatto oggetto di [[minaccia|minacce]]; il giorno della strage di piazza della Loggia, essi accompagnarono a scuola il figlio del giudice, successivamente indagato (ma in seguito prosciolto) per la morte di Silvio Ferrari e per la strage. Gli uomini di Delfino, riferì il giudice alla Commissione, tennero un atteggiamento vago quando chiamati a confermare le circostanze che avrebbero accelerato il riconoscimento dell'innocenza del figlio del giudice, ammettendo solo dopo insistenze del Tribunale la veridicità dell'[[alibi]]. Il fatto perciò consentì di sospettare, come riassunto da Pellegrino, che ''il coinvolgimento di suo figlio nella strage di piazza della Loggia aveva un unico fine: bloccare la sua inchiesta su Fumagalli''. Nell'inchiesta, peraltro, era emersa un'ulteriore stranezza riguardante gli uomini di Delfino: il [[29 aprile]] [[1974]], a Milano, era stata inaugurata un'enoteca appartenente al ''boss'' mafioso [[Luciano Liggio]], ed Arcai era venuto in possesso di una fotografia ritraente insieme Carlo Fumagalli ed il brigadiere Tosolini, collaboratore di Delfino.
 
Comunque, il sequestro dell'esplosivo e l'arresto dei due ragazzi miravano al coinvolgimento di Fumagalli per traffico d'armi, ed a precisa domanda di Pellegrino, Arcai confermò che il Fumagalli veniva con questa operazione "bruciato". Sempre secondo Arcai, Delfino ebbe un ruolo decisivo nello stabilire i percorsi che l'esplosivo trovato nell'auto dei due ragazzi arrestati avrebbe percorso: dalla supposta origine a [[Rovereto]], sarebbe stato trasportato a Brescia, dove sarebbe rimasto una notte, poi sarebbe stato trasportato a Milano e infine di nuovo spostato nelle vicinanze di Brescia. Per di più, passando dalla [[Valcamonica]] anziché per la strada più diretta, via [[Lecco]]. Da questi spostamenti Arcai suppose che chi aveva deciso questi spostamenti, intendesse spostare la competenza giudiziaria del conseguente processo a Fumagalli da Milano a Brescia, e questa tesi sottintendeva che i Carabinieri avessero seguito per anni, senza mai intervenire, le attività di Fumagalli, poi ad un certo punto avessero deciso di metterlo fuori gioco e che quest'ultimo fosse stato il ruolo di Delfino. La tesi fu oggetto di approfondimento da parte della Commissione<ref>Disse infatti Pellegrino nell'audizione di Delfino: ''L'ipotesi che viene fatta, e che ci è stata ripetuta recentemente, è che in realtà tutta l'organizzazione del Mar fosse nota negli ambienti dell'Arma, in particolare negli ambienti milanesi, già dagli anni '70, che fosse stata sempre monitorata e seguita e poi, attraverso l'infiltrazione di Maifredi, venne seguito quel percorso di armi che si ferma nel bresciano perché si voleva spostare la competenza giudiziaria da Milano a Brescia. A Milano infatti non sarebbe stata tollerata "ambientalmente" una vicenda giudiziaria che coinvolgesse Fumagalli, visto che questi era il latitante d'oro e aveva i rapporti di cui accennavo prima con il generale Palumbo e con il commissario Calabresi.''</ref>; Delfino rispose di non aver mai ricevuto condizionamenti ''di sorta'' e che l'operazione era nata con la comparsa di Maifredi, del quale ci si chiedeva ''chi l'ha mandato''; e sul percorso imposto agli esplosivi, disse che la destinazione doveva essere nelle vicinanze di [[Sondrio]], poiché lo scambio avvenne in prossimità del [[Lago d'Iseo]] per ragioni logistiche, dovendosi scegliere un luogo in cui eventuali presenze estranee sarebbero state notate, negando perciò che vi potessero essere in ballo opportunità di giurisdizione<ref>Sulle tesi di Arcai Delfino aggiunse: ''Quindi, l'operazione Fumagalli nasce senza alcun preconcetto, contrariamente a ciò che oggi sostiene il dottor Arcai, giudice istruttore al quale ho consegnato su un vassoio d'argento un'organizzazione, l'unica organizzazione eversiva che è stata condannata dal vertice alla base''.</ref>.
 
Sul punto di "chi mandò Maifredi" a "bruciare" Fumagalli, nel presupposto appunto che vi fossero legami oscuri da dover recidere, prima di chiedere la secretazione di una parte dell'audizione, Delfino riunì degli accenni già abbozzati poco prima per dichiarare di credere all'ipotesi che vi fossero interessi [[Loggia P2|piduisti]] in gioco. Se, come detto anche da Arcai, Maifredi si vantava di essere in eccellenti rapporti con [[Paolo Emilio Taviani]], al quale diceva di aver salvato la vita in un attentato omicidiario del quale non c'erano tuttavia riscontri, Delfino aveva già riferito a Pellegrino, nella "lettera degli insulti", che Arcai, in uno strano giro di "consultazioni" straordinarie compiute a Roma, si era incontrato anche con Taviani<ref>Pellegrino riassunse: "''il giudice Arcai, nei giorni 20-22 ottobre 1974, senza dare avviso a nessuno e senza essere accompagnato da un cancelliere, si reca a Roma e ha incontri col Ministro della difesa, una conversazione di un'ora e mezzo, con il Ministro dell'interno, conversazione di un'ora e tre quarti, con il generale Maletti del Sid, conversazione di due ore, e con l'ammiraglio Casardi, capo del Sid, conversazione di un'ora.''"</ref>. Taviani, invece, audito anch'egli dalla stessa commissione tempo dopo, smentì la conoscenza e ricordò che in sede processuale lo stesso Maifredi aveva confessato trattarsi di una millantazione<ref>[http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno24.htm Resoconto audizione Taviani]: ''Maifredi non era mai stato mia scorta; non mi aveva mai salvato la vita che era già stata minacciata dall'Oas, dalle Brigate rosse e nere; ma non avevo subìto alcun attentato sull'Appennino ligure-emiliano. Lo stesso Maifredi nel prosieguo del processo ha confermato il 21 settembre 1977, di avermi incontrato solo casualmente e di aver - cito testualmente -: "detto tutte quelle cose per strappare la loro fiducia e per indurli a confidare i loro piani di azione".''</ref>. Inoltre Delfino riferì di aver appreso, al termine dell'operazione riguardante Fumagalli, di un commento dell'ufficiale del Sid [[Antonio La Bruna]], per il quale i carabinieri, con tale operazione, avrebbero "rotto le uova nel paniere" e di non essersi spiegato il senso del commento se non nel [[1981]], con la pubblicazione degli elenchi degli appartenenti alla P2.
 
Delfino ricordò infatti che l'allora comandante generale dell'Arma, generale Mino, all'epoca dell'inchiesta su Fumagalli si recava spesso a Brescia ed alla presenza del generale Palumbo e di altri ufficiali, gli richiese, sempre a dire del Delfino, di telefonargli tutte le mattine alle 6 per informarlo degli sviluppi. Richiesto dalla Commissione se si fosse domandato la ragione di un interessamento così alto, Delfino rispose di nuovo di essersi convinto dell'ingerenza di forti interessi dopo la pubblicazione delle liste della P2<ref>Il generale Palumbo era negli elenchi di iscritti alla loggia, mentre la Commissione P2 portò il generale Mino ad esempio delle "''persone formalmente non iscritte negli elenchi, ma indicate come appartenenti alla P2''".([http://www.strano.net/stragi/tstragi/relmp2/rel06p2.htm v.])</ref>.
 
===Grandi Vecchi e vecchie glorie===
Delfino in seguito riprese le supposizioni sulla eventuale regia di un Grande Vecchio dietro certe trame, nel suo libro "''La verità di un generale scomodo''" (1998), nel quale scrisse:
{{quote|... c'è o non c'è il Grande vecchio in grado di muovere i fili del burattino Italia? La mia idea guida è il [[caso Moro]] del quale non mi sono mai occupato: mi si sono aperti nella mente in modo casuale, ripescati nel cestino della memoria, quattro file. Primo file: una foto di [[Henry Kissinger]]; secondo file un vocabolario russo-italiano; terzo file l'attentato alla questura di Milano di [[Gianfranco Bertoli]], un individuo che si professa anarchico. Ma non proviene da Israele? Quarto file il corpo dilaniato di [[Giangiacomo Feltrinelli|Feltrinelli]] a trecento metri da uno dei covi di Carlo Fumagalli.
|Francesco Delfino, ''La verità di un generale scomodo''<ref>Francesco Delfino, ''La verità di un generale scomodo'', Verona, IET, 1998</ref>}}
 
Circa il riferimento al caso Moro però, il pentito di '[[ndrangheta]] [[Saverio Morabito]] sostenne che il ''boss'' [[Antonio Nirta]], presente in via Mario Fani a Roma il giorno dell'eccidio della scorta e del rapimento del presidente [[Democrazia Cristiana|democristiano]], non si trovasse in quel luogo per conto delle [[Brigate Rosse]], bensì perché richiestone dal generale Delfino. Delfino rispose: "''C'è senz'altro un errore. Non ero io quello che aveva infiltrati nelle Brigate Rosse''"<ref>Rita Di Giovacchino, ''Il libro nero della Prima Repubblica''</ref>.
 
==Il rinvio a giudizio per concorso in strage==
 
Il [[14 maggio]] [[2008]], a seguito di un filone d'indagine avviato sin dal [[1993]] dopo le dichiarazioni rilasciate da [[Donatella Di Rosa]] (detta dalla stampa ''Lady Golpe''), si è giunti - a 34 anni dalla strage - al rinvio a giudizio, con l'accusa di concorso nella [[strage di Piazza della Loggia]] di Francesco Delfino assieme a [[Delfo Zorzi]], [[Maurizio Tramonte]], [[Carlo Maria Maggi (Ordine Nuovo)|Carlo Maria Maggi]], [[Pino Rauti]] e [[Giovanni Maifredi]]. Il processo avrà inizio il [[25 novembre]] [[2008]]<ref>[http://www.corriere.it/cronache/08_maggio_15/piazza_loggia_rinvio_6fa7175e-225e-11dd-8bc7-00144f486ba6.shtml Corriere della Sera, "Piazza della Loggia, rinvio a giudizio per tutti gli imputati", 15 maggio 2008]</ref>.
 
==Onorificenze==