Eugenio Lecaldano: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 24:
== Pensiero ==
Le riflessioni di Lecaldano spaziano dalla storia della filosofia morale sino alle discussioni contemporanee sulla [[bioetica]]. Avvalendosi anche del rigore concettuale della [[filosofia analitica]], indirizza la sua ricerca alla ricostruzione storiografica della morale anglosassone dal XVII al XIX secolo, con particolare riferimento ai filosofi scozzesi ([[Hume]], [[Adam Smith]]). Ha inoltre indagato criticamente i problemi della metaetica. In bioetica, Lecaldano si prefigge l'obiettivo di una chiarificazione delle implicazioni morali legate alle [[biotecnologie]], che sfocia in una prospettiva [[laica]] per la pacifica gestione dei conflitti morali che le "tecnologie della vita" hanno prodotto.
 
== Le nuove questioni filosofiche della vita tra diritto e morale ==
 
 
«la nascita, la cura e la morte sono problemi di tutti e nessuno può pretendere di avere le credenziali per occuparsene in modo del tutto esclusivo o con un’autorità indiscussa» [Lecaldano E., Bioetica. Le ragioni morali, Roma-Bari, Laterza, 20043, p. V.]
 
In Bioetica. Le ragioni morali (1999), Eugenio Lecaldano – professore ordinario di Storia della filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza” e membro di numerosi Comitati e gruppi di ricerca in bioetica - raccoglie e rielabora in forma sistematica una lunga e approfondita riflessione sulle conseguenze delle scoperte tecnico-scientifiche sulla nascita, sulla cura e sulla morte degli esseri umani dal punto di vista preferenziale di una morale che assume come proprio quadro di riferimento una versione aggiornata dell’utilitarismo di J. S. Mill.
Il tema del libro è rappresentato dai nuovi problemi che le innovazioni della medicina e della ricerca biologica sulla vita umana pongono nelle nostre scelte e dalla determinazione dei diritti morali e dei limiti etici da riconoscere all’autonomia soggettiva.
Introducendo l’esame dello studio di E. Lecaldano, occorre segnalare, anzitutto, come egli delinei una particolare interpretazione delle posizioni esistenti nell’attuale dibattito bioetico cercando di dimostrare la giustezza della propria proposta morale: «la scelta [è] di far valere un particolare punto di vista etico in modo chiaro e riconoscibile – anche a rischio di unilateralità e schematicità – provocando il lettore a schierarsi pro o contro le argomentazioni avanzate e di limitarsi, per quanto riguarda le altre prospettive etiche, a fornirgli indicazioni dei testi che le sviluppano» .
 
Inoltre, si segnano la semplicità linguistica e la chiarezza espositiva – uno stile filosofico che rimanda non soltanto al suo rigore intellettuale ma che illumina altresì il presupposto e la finalità assunti da E. Lecaldano nei suoi articoli e nei suoi libri.Pur esponendo con sicura competenza i concetti e le argomentazioni elaborate dalle principali dottrine morali che hanno cominciato a confrontarsi sui problemi della bioetica - in verità, senza avere raggiunto finora molti punti di accordo, egli non assume una prospettiva strettamente specialistica. Costituisce un presupposto metodologico della sua impostazione rendere accessibili i problemi chiarificati in maniera tale che ogni persona - che non sia “del tutto immune da scrupoli morali” e che si trovi a decidere quale condotta adottare o quale giudizio esprimere di fronte alle alternative che sono aperte per quanto riguarda la nascita, la cura e la morte – sia nelle condizioni di comprendere la rilevanza di temi che coinvolgono ognuno e tutti: «La questione qui in gioco è dunque solo quella di chiarire quali siano i principi, le regole e i criteri che si debbono far valere nello spazio dell’etica applicata agli eventi umani propri di questo campo. L’approccio che si sviluppa è quello di guardare alle questioni bioetiche come a scelte che riguardano in primo luogo ciascuno di noi – direttamente se siamo noi a dover decidere ed agire, o indirettamente, se ci limitiamo ad esprimere le nostre valutazioni – e vedere poi quale aiuto, o ostacolo, potremmo ricavare da regole più determinate e ristrette. […] Non si tratta di un’opzione di scuola, ma della convinzione che tutte le persone possono ottenere un effettivo aiuto da un’impostazione particolarmente attenta a precisare sempre il significato delle nozioni in gioco e le diverse argomentazioni pro o contro una qualche soluzione. […] questo libro è mosso dallo sforzo di riuscire a mostrare che l’analisi filosofica può svolgere il lavoro umile, modesto e artigianale di chi si preoccupa di introdurre ai problemi della bioetica chi poi vorrà seguire la sua strada personale di elaborazione e ricerca ulteriore».
 
La natura della riflessione etica sulle questioni della vita umana deve essere, in primo luogo, caratterizzato rispetto alla giurisprudenza, e quindi il senso del termine diritti assume connotati diversi nei due ambiti d’azione - diritti morali vs. diritti giuridici. Seguendo le tesi di C. Perelman e altri, la soluzione adottata da E. Lecaldano per distinguere regole morali e regole giuridiche richiama le differenti condizioni di applicazioni: «mentre le regole morali non sono codificate, l’osservanza delle regole giuridiche è imposta, con il ricorso a pene e sanzioni, a tutti coloro che si trovano sul territorio di un certo Stato; in morale tutti possono approvare o disapprovare, in diritto solo il giudice è qualificato per applicare la legge e pronunciare la sentenza; la regola morale è chiamata in causa anche in presenza di dubbi, sospetti e sfumature, mentre la regola giuridica richiede certezza e precisione; la regola morale si applica in generale al comportamento individuale di un agente, mentre in diritto la regola di giustizia, applicandosi ad una classe determinata di atti, rinvia subito all’importanza del precedente e alla funzione della giurisprudenza nell’interpretazione della legge (Perelman, 1975, 295-97)».
 
Sebbene E. Lecaldano non manchi di riferire le principali normative – europee, nazionali e deontologiche – con cui sono stati disciplinati gli aspetti del nascere, del curare e del morire, l’ottica della sua riflessione morale è strettamente individualista. In particolare, se la prospettiva esposta in Bioetica affronta le ragioni che giustificano le decisioni degli individui moralmente responsabili al di là delle prescrizioni giuridiche, la convinzione politica che emerge è favorevole a progressivo ridursi dell’intervento del biodiritto nelle questioni bioetiche, valorizzando il farsi autonoma della responsabilità individuale – una concezione politica generale che egli identifica correttamente come liberal-democratica.
Nelle sue riflessioni non trovano molto spazio i problemi tipicamente giuridici, anche se la determinazione del delicato equilibrio tra l’autonomia individuale e la sfera di intervento delle istituzioni pubbliche, legislative, amministrative e giudiziarie costituisce uno degli interrogativi che la sua prospettiva morale intende affrontare: «Fino a che punto arrivano i diritti di autonomia di ciascuno degli esseri umani coinvolti e dove comincia, invece, l’ambito in cui l’intervento dello Stato con divieti obblighi o regolamenti è necessario? Quali sono i diritti dei cittadini che uno Stato non può invadere con i suoi interventi. Le nuove situazioni rese possibili dalla ricerca medica e biologica in che senso confermano o spingono a rivedere il modo di impostare la questione dei limiti che all’intervento della legge e dello Stato vengono fissati dai diritti dei cittadini?».
 
La tesi che orienta la concezione esposta in Bioetica, come vedremo in dettaglio, è che non tutto ciò che si ritiene moralmente rilevante debba essere sanzionato da apposite leggi – vale in principio che una società liberale deve consentire a persone con differenti motivazioni e concezioni morali di coesistere e di realizzare liberamente le proprie condotte di vita purché le loro conseguenze non arrechino danno a terze persone. Un’articolazione importante del tipo di pretese implicate dai diritti morali riguarderà la differenza tra la rivendicazione che gli altri individui e la comunità non ostacolino la propria libera determinazione – libertà negativa – e la rivendicazione che gli altri individui o la comunità ci aiutino a fa re ciò di cui abbiamo diritto – libertà positiva.
La concezione di fine da realizzare espressa dall’Autore è un utilitarismo responsabile che favorisca l’incremento di felicità «rendendo più libere le persone di sviluppare in modo creativo e differenziato il loro personale modo di progredire come esseri umani».
In secondo luogo, non bisogna perdere di vista che la prospettiva di E. Lecaldano sulle questioni del nascere, del curare e del morire, pur attingendo al patrimonio di sapere maturato nell’ambito delle scienze naturali, la medicina e la biologia, e delle scienze sociali, la psicologia, l’economia e la sociologia, è strettamente filosofica.
Della riflessione filosofica, in particolare, egli assume oltre la doverosa chiarificazione concettuale e argomentativa, comune peraltro al sapere scientifico, la funzione normativa.
In questo senso, la bio-etica è il tentativo di elaborare delle risposte su cosa si deve fare cercando di evitare la fallacia naturalistica di derivare la soluzione dei problemi pratici dalla fatticità delle situazioni empiriche e non già dalla validità degli argomenti morali: «affrontare una questione etica è del tutto diverso dall’affrontare una questione di fatto o empirica. Va tenuta logicamente ben distinta la ricerca volta ad accertare come stanno le cose, quali sono le procedure precise con cui si sviluppa, poniamo, una certa tecnica in uso nella medicina, dalla questione etica se questo stato di cose sia apprezzabile e se ci sentiamo di raccomandarlo come qualcosa che deve essere fatto».
 
E’ utile sottolineare che E. Lecaldano lascia volutamente imprecisato il problema delle eventuali pretese di potere affermate con autoinganni inconsci, manipolazioni consapevoli e la forza del costume e della legge concentrando la sua attenzione unicamente sulle pretese di validità degli argomenti morali a partire dalle ragioni più o meno buone che le diverse concezioni morali esprimono sulle questioni bioetiche: «Certo fa parte della filosofia mettere in chiaro, e denunciare, i modi in cui la forza e la persuasione si camuffano sotto le mentite spoglie di un appello alla ragione, ma la parte più costruttiva dell’etica è quella che prende seriamente la pretesa dei sostenitori delle diverse concezioni morale di avere delle buone ragioni per abbracciare le posizioni che vengono sottoscritte ed è in questa chiave che renderemo conto delle controversie nella bioetica» .
 
In generale, la prospettiva dell’etica filosofica si traduce in una riflessione su ciò che ragionevolmente si ritiene dover essere giusto e doveroso pensare, agire e desiderare. Questa concezione morale è messa alla prova in tutte quelle questioni originate oggi dai mutamenti che medicina e biologia hanno provocato per quanto riguarda il nascere, il curarsi e il morire degli esseri umani - questo è il nucleo essenziale della bioetica, un nucleo che non comprende, dunque, né le questioni relative al trattamento degli animali non umani né le questioni di etica ambientale, la cosiddetta bioetica globale.
Gli interrogativi della bioetica - interpretata dal ns. Autore come etica delle questioni morali legate principalmente alla vita umana biologica - emergono con estrema chiarezza analitica: «Vi sono dei principi (o con altra terminologia criteri, regole, ecc.) morali da cui dobbiamo derivare le nostre decisioni sul nascere, curarsi e morire? Quali sono, e fino a che punto possono guidare la nostra condotta? Quali sono le ragioni che ci spingono a privilegiarli, rispetto a quelli raccomandati da altre concezioni etiche? Fino a punto possiamo spingerci nella nostra pretesa che anche tutti gli altri regolino le loro condotte con gli stessi principi? E’ possibile immaginare delle procedure che permettano la coesistenza ordinata e pacifica di persone con principi morali diversi? Da quali principi giuridici dovrebbero essere regolate quelle situazioni in cui persone con principi morali diversi si trovano ad interagire?».
 
Nel corso della sua esposizione, questi interrogativi ritornano continuamente anche se il focus privilegiato della riflessione bioetica rimane l’alternativa tra differenti concezioni etiche e la discussione sul riconoscimento di nuovi diritti morali - la cui legittimità viene giustificata e precisata esaminando la congruità dei principi astratti generali con la molteplicità delle fattispecie concrete e particolari della vita. In effetti, per quanto le risposte avanzate devono sottoporsi al test imparziale della universabilizzabilità - «la soluzione che si prescrive come buona, giusta o doverosa è una soluzione che si intende valida per tutti coloro che potrebbero essere coinvolti in una situazione analoga, indipendentemente dal posto che occupa» - la specifica concezione morale che viene proposta in questo libro intende ribaltare la forma di ragionamento assiomatico maggiormente adottato nell’etica filosofica – il modello ingegneristico: la ricerca di un generale principio morale che risolve deduttivamente per coerenza logica o implicazione la soluzione dei particolari casi oggetto di controversia.
La critica di E. Lecaldano si svolge su piani di analisi metodologici e pragmatici: da un lato, il modello ingegneristico scivola spesso su pretese ontologiche indimostrabili, d’altro lato, questo modello si presenta come un ostacolo alla concreta ricerca di punti di convergenza specifici poiché si irrigidisce sulle determinazioni di principio.
Come già anticipato il modello di razionalità pratica suggerito considera le diverse alternative etiche prospettate sulla base delle conseguenze in termini di soddisfazione delle preferenze personali e di responsabilizzazione morale delle persone coinvolte direttamente: «un ragionamento che mette in primo piano le conseguenze ha bisogno di strumenti molto sofisticati per valutare la probabilità degli esiti, ma comunque va riconosciuta una priorità delle forme argomentative che guardano prima di tutto alle conseguenze probabilmente attese per i vari esiti su cui si sta deliberando. Il rinvio alle conseguenze va integrato con il fare esplicito riferimento al tipo di valore che riteniamo debba essere privilegiato (per quello che ci riguarda una fioritura delle persone umane che le renda più autonome e capaci di godere delle forme più elevate di vita) e ciò facendo anche su questi valori si potrà avviare un confronto tra i sostenitori di diverse concezioni morali)» .
 
Quali sono i problemi morali che la ricerca medicina e biologica hanno reso oggi effettivi e in che forma questi ripropongono alcune questioni tradizionali dell’etica? E quali specifici diritti morali possono essere riconosciuti finalmente ai soggetti?
Secondo Lecaldano, infatti, la rivisitazione complessiva delle questioni bioetiche può essere svolta, se ciascuna delle aree in cui organizziamo l’esposizione, mettiamo in primo piano la discussione pro o contro il riconoscimento di specifici diritti – anzitutto, come già detto, sul piano morale prima ancora che sul piano giuridico: «sul piano morale il nostro pretendere di avere un diritto non è altro che l’appello rivolto ad altri affinché esaminino liberamente e in piena autonomia se la loro morale consente ad essi di riconoscere un qualche dovere correlativo. O in una forma più debole un appello rivolto agli altri per vedere se la loro morale, pur essendo contraria al compimento da parte loro di un certo atto, non possa consentire di riconoscere ad altri – guidati in buona fede dalla propria morale – la legittimità giuridica di compiere atti del genere» .
A chiunque affermi dei diritti morali occorre domandare quali siano le basi, il fondamento, a cui si richiama per pretendere che sia riconosciuto a lui e agli altri, un certo diritto e che cosa esattamente intende per il riconoscimento di quel diritto.
Come vedremo, cercando di evitando il preponderante significato emotivo del ricorso al linguaggio dei diritti come mera persuasione retorica e rifiutando ogni appello giusnaturalistico all’ordine naturale delle cose sia ricondotto o meno a disegni divini.
Occorre precisare, poi, che la pregiudiziale scelta di accettare soltanto argomenti etici laici, rigettando fondazione dei diritti morali su basi confessionali, conduce a escludere con rispetto ma come inaccettabili per tutti gli specifici precetti della fede: «Muovere da una concezione dell’etica come problema di tutti spiega perché lasceremo fuori come non rilevante - una volta garantita la piena libertà della coscienza e del culto religioso - la questione del credere o non credere in Dio, nell’immortalità dell’anima o in altri articoli che caratterizzano di solito le fedi religiose. Pur rilevanti e degne di rispetto queste credenze non incidono sulla questione dei diritti morali da riconoscere in un insieme di situazioni bioetiche in cui si incontrano credenti di varie fedi e non credenti che devono poter comunicare utilizzando forme di ragionamento e argomentazioni che tutti possano seguire» .
 
I problemi bio-etici temi affrontati da Lecaldano riguardano il riconoscimento di diritti morali alla libertà procreativa (1), alla integrità genetica (2), alla salute (3) e a morire (4).
Pur in presenza di fattori di continuità disciplinare, Lecaldano argomenta contro la tendenza a ricondurre le questioni della bioetica alle alternative morali tradizionali, insistendo sulla centralità di una serie di situazioni nuove o di frontiera (G. Berlinguer): «si cercherà invece di sostenere – con un intento regolativo più che costitutivo – la tesi di uno stacco, di una novità irriducibile delle opzioni di fronte alle quali ci si trova nelle nostre società occidentali con il presentarsi delle condizioni del nascere, morire e curarsi che assumiamo esemplari. Sottolineare la novità irriducibile delle deliberazioni in cui le persone debbono impegnarsi è cosa ben diversa dal concludere che questa novità finisce con il mostrare che i principi etici tradizionali sono del tutto superati».
 
[estratto da Luca Corchia, ''La bioetica. Il punto di vista morale di E. Lecaldano sulla nascita, la cura e la morte'', in "''Il Trimestrale del Laboratorio/The Lab's Quarterly''", 2005, 3]
 
 
== Bibliografia ==
*''Le analisi del linguaggio morale. "Buono" e "dovere" nella filosofia inglese dal 1903 al 1965'', Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1970.