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=== Il valore aggiunto visto da Gesell ===
Secondo [[Silvio Gesell|Gesell]], quando Marx parla di plusvalore lo fa superficialmente sottovalutando i risvolti effettivi. Questo perchèperché non tutte le persone della società producono, ma alcune svolgono servizi utili anche se improduttivi ([[settore terziario]]). Quindi la totalità del valore delle merci prodotte non può obbiettivamente andare solo a chi produce letteralmente, ma deve essere suddivisa tra tutta la società. Astrattamente, se sette persone su dieci producono, il valore aggiunto corrisponderà quindi a 3/10 del valore reale della loro produzione. Guardandolo sotto un punto di vista più pratico lo si può vedere così: il plusvalore accumulato dal capitalista è intrinsecamente finalizzato nel caso di necessità, ovvero nel caso di investimenti da fare o danni da riparare. Solo nel caso ciò non si verifichi (e quindi il capitalista in questione si dimostri un buon amministratore) allora potrà permettersi di attingere al capitale immagazzinato. Dopotutto non potrebbe obbiettivamente cedere il plusvalore ai dipendenti confidando in una sua improbabile restituzione in caso di necessità aziendale. E' quindi un fattore irrinunciabile.
 
In virtù di questa necessità il [[salario]] dei dipendenti è mantenuto il più basso possibile dal capitalista, ma l' interpretazione marxista è fuorviante. Marx da un valore al tempo, cosa che non corrisponde alla realtà. Si da per scontato che una persona possa lavorare un certo tempo massimo al giorno. Un dipendente non accetterebbe di lavorare sotto una certa cifra giornaliera, corrispondente alla cifra minima per vivere, che quindi esigerà, a prescindere dal lavoro da svolgere. A parità di salario minimo giornaliero il capitalista quindi cercherà di mantenere al lavoro il dipendente più tempo possibile. Ecco quindi stabilita un equivalenza. Quindi il rapporto salario/tempo è scollegato e fittizio, è stabilito solo per convenzione bilaterale.