Marco Antonio Primo: differenze tra le versioni

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ollego Flavio Sabino e Praefectus Urbi
Urbi
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Finora Antonio si era comportato con moderazione e cautela; ma, come accade frequentemente, il successo rivelò il suo carattere crudele e rese evidente la cupidità, l'orgoglio ed altri difetti. D'ora in poi trattò l'Italia come un paese conquistato e per mantenere la sua popolarità tra i soldati, concesse loro ogni genere di licenza. [[Muciano]], che era geloso del suo successo e che avrebbe desiderato riservare a sé la gloria di concludere la guerra, scrisse ad Antonio, suggerendogli cautela e invitandolo ad attendere, anche se scriveva le sue lettere in modo tale che la responsabilità di tutte le azioni fosse gettata su Antonio. Ma con gli ufficiali di Antonio si espresse più apertamente, cercando così di trattenere Antonio nell'Italia settentrionale.
 
Antonio, tuttavia, non aveva un temperamento da accettare tali interferenze e quindi scrisse a Vespasiano, esaltando le proprie imprese ed attaccando segretamente Muciano. Senza tener conto dei desideri di questi, attraversò gli [[Appennini]] nel mezzo dell'inverno e marciò diritto su Roma. Raggiunto [[Ocriculum]] si fermò per alcuni giorni. I suoi soldati, i cui appetiti erano stati stimolati dal sacco di Cremona e che erano impazienti di saziarsi con le spoglie di Roma, furono indignati di questo ritardo ed accusarono il loro generale di tradimento. È probabile che Antonio, che aveva visto che sarebbe stato difficile trattenere i suoi soldati, temesse di attirarsi l'odio generale ed la disistima di Vespasiano, se le truppe avessero saccheggiato la città imperiale. Ma qualunque fossero i suoi motivi o le sue intenzioni, accaddero circostanze che posero fine alla sua inattività. Arrivò infatti la notizia che [[Tito Flavio Sabino (console 47)|Tito Flavio Sabino]], il fratello di Vespasiano che ricopriva la carica di ''[[Praefectus UrbisUrbi]]'', si era rifugiato nel [[Campidoglio]] ed era assediato dalle truppe di Vitellio.
 
Di conseguenza Antonio marciò immediatamente su Roma, ma prima che potesse craggiungerla il Campidoglio era stato bruciato e Sabino ucciso. Arrivato ai sobborghi, cercò di impedire ai suoi di entrare nella città fino al giorno seguente; ma i soldati, che vedevano la preda davanti ai loro occhi, chiesero di essere condotti immediatamente all'attacco. Antonio fu obbligato a cedere; divise il suo esercito in tre corpi e diede gli ordini per l'assalto. Le truppe di Vitellio combatterono con il coraggio della disperazione; scacciate dai sobborghi, continuarono il combattimento nelle vie della città e la lotta continuò per molti giorni. Alla fine i soldati di Vitellio furono distrutti dappertutto e l'imperatore stesso messo a morte. Subito dopo [[Domiziano]], che era a Roma, ricevette il nome di Cesare ed Arrio Varo fu incaricato del comando della [[Guardia pretoriana]]; ma il governo e tutta il potere erano nelle mani di Antonio. La sua rapacità non conobbe limiti e continuò a saccheggiare il palazzo imperiale, come se fosse stato al sacco di Cremona.