Galileo Galilei: differenze tra le versioni

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Nella sentenza si dava poi la versione dell'ammonimento ricevuto nel febbraio 1616: dopo essere stato dal Bellarmino «benignamente avvisato e ammonito, ti fu dal Padre Commissario del Santo Offizio di quel tempo <ref>Michelangelo Seghizzi</ref> fatto precetto, con notaro e testimoni, che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione, e che per l'avvenire tu non la potessi tenere, né difendere, né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto: e avendo tu promesso d'obedire, fosti licenziato».
 
Ricordato che egli scrisse poi il suo ''Dialogo'' «senza però significare a quelli che ti diedero simile facoltà, che tu avevi precetto di non tenere, difendere né insegnare in qualsivoglia modo tale dottrina», nella sentenza si sottolinea che il libro insegna la dottrina copernicana; quanto alle personali convinzioni di Galileo, nel processo fu ritenuto «necessario venir contro di te al rigoroso esame, nel quale [...] rispondesti cattolicamente». <ref>In un saggio del 1865, [http://books.google.it/books?id=IAUzAAAAIAAJ&dq=%22Storia+ed+esame+della+enciclica+e+del+Sillabo+dell%278+Dicembre+1864%22&printsec=frontcover&source=bl&ots=mjQVhZ3NBY&sig=UTvH2H9I7wWvdk1QZZ9PSSSMQv4&hl=it&sa=X&oi=book_result&resnum=1&ct=result#PPA79,M1 ''Storia ed esame della enciclica e del Sillabo dell'8 dicembre 1864'', Ed. Torino Stamperia dell'Unione Tip. Editrice, 1865, pag. 79], fortemente polemico contro la gerarchia ecclesiastica, l'abate Antonio Isaia sostennne che la frase «giudicassimo essere necessario venire contro di te al rigoroso esame» debba essere interpretata nel senso che Galileo fu effettivamente torturato, non solo minacciato di tortura; questa tesi è stata ripresa anche da [[Italo Mereu]], "[[Storia dell'intolleranza in Europa]]", 1979 (ed.riv. Bompiani, 2000) ISBN 8845246965. Nell'interpretazione oggi prevalente, viceversa, il verbale del costituto del 22 giugno attesterebbe la minaccia, ma non l'esecuzione della tortura: secondo Orio Giacchi, professore di diritto ecclesiastico nell'Università Cattolica di Milano, il Tribunale, non comminando la tortura a Galileo, incorse in una «irregolarità»: cfr. O. Giacchi, ''Considerazioni giuridiche sui due processi contro Galileo'', Milano 1942</ref> Essendosi reso pertanto «veementemente sospetto d'eresia», Galileo era incorso nelle censure e pene previste «contro simili delinquenti».
 
Imposta l'[[abiura]] «con cuor sincero e fede non finta» e proibito il ''Dialogo'', Galilei venne condannato al «carcere formale ad arbitrio nostro» e alla «pena salutare» della recita settimanale dei sette salmi penitenziali per tre anni, <ref>Salmi che la figlia di Galileo, suor Maria Celeste, s'incaricò di recitare, con il consenso della Chiesa</ref> riservandosi l'Inquisizione di «moderare, mutare o levar in tutto o parte» le pene e le penitenze. <ref>Edizione nazionale, cit., p. 402</ref>