Kirbogha: differenze tra le versioni

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Kerboga fece carriera durante il regno ([[1072]]-[[1092]]) del sultano [[selgiuchide]], [[Malik Shah I]], che gli affidò incarichi sempre più delicati sino a diventare un ufficiale del sultano. Dopo la sua morte, passò al servizio del figlio, [[Mahmud I (selgiuchide)|Mahmud I]] ([[1092]]-[[1094]]) e, alla morte di questi, del fratello, [[Barkiyaruq]] ([[1094]]-[[1105]]), che, nel [[1094]], lo inviò ad aiutare [[Aq Sunqur al-Hajib]], che dopo aver occupato [[Mossul]], per conto della zio di Barkiyaruq, [[Tutush I]], sultano di [[Siria]]<ref>[[Tutush I]], alla morte del fratello, [[Malik Shah I]], si era proclamato sultano di [[Siria]], rendendosi indipendente dai sultani successivi, [[Mahmud I (selgiuchide)|Mahmud I]] e [[Barkiyaruq]].</ref>, non solo non lo volle riconoscere sultano di tutta la Siria ma si era alleato col sultano dei Selgiuchidi, Barkiyaruq. Dopo la morte di Aq Sunqur al-Hajib, sul campo di battaglia, Kerboga rimase a Mossul e, nel [[1096]], fu nominato [[Atabeg]]<ref>[[Atabeg]] letteralmente vuol dire padre del principe, quindi Kerboga divenne il vero governatore della provincia in nome del sultano.</ref> di [[Mossul]], capitale della [[Jazira]], per conto del nuovo sultano, il figlio di Aq Sunqur al-Hajib, [[Zangi|Imād al-Dīn Zengī]], che era un bambino di circa nove anni.<br>Dato che la [[Jazira]], la regione di cui Mossul era la capitale era una pianura, tra il [[Tigri]] e L'[[Eufrate]], molto fertile ed inoltre ricca di [[Nafta (combustibile)|nafta]]<ref>Le sorgenti di [[Nafta (combustibile)|nafta]] altro non erano che sorgenti di petrolio che a quei tempi veniva usato per scopi curativi, immergendovisi, o allo stato di [[bitume]], per cementare i mattoni o per intonacare gli [[hammam]], ed infine per scopi bellici, ad esempio era uno degli elementi costituenti del [[fuoco greco]].</ref> Kerboga, [[1098]], era divenuto il più potente [[emiro]] di tutta la Siria.
 
Nella primavera del [[1098]], il governatore della città di [[Antiochia]] (assediata dall'esercito [[crociato]]), il [[selgiuchide]], [[Yaghisiyan]], dopo aver invano chiesto soccorso ai sultani di [[Aleppo]], [[Ridwan|Ridwān]], e [[Damasco]], [[Duqaq|Duqāq]]<ref>I due sultani, [[Ridwan|Ridwān]], di [[Aleppo]], e [[Duqaq|Duqāq]], di [[Damasco]], erano fratelli, erano i figli del sultano di Siria, [[Tutush I]], ma erano acerrimi nemici e si combatterono per tutta la vita.</ref>, decise di rivolgersi all'Atabeg più potente della Siria, all'[[Atabeg]] di [[Mossul]]<ref>Anche se Mossul distava 15 giorni di marcia, alla notizia che alla fine di aprile l'armata si era messa in marcia da Mossul verso Antochia dette una nuova speranza ai difensori, mentre gettò nello sconforto i [[crociati]], che dopo sei mesi di assedio erano indeboliti e con scarse provviste alimentari.</ref>, Kerboga, che, con l'approvazione del [[califfo]] di [[Bagdad]], [[Al-Mustazhir]], ed il sultano dei selgiuchidi, Barkiyaruq, organizzò una grande armata [[musulmana]]<ref>Secondo il cronista dell'epoca, [[Alberto di Aquisgrana]], nella cronaca della [[prima crociata]] valutò la forza dell'armata [[musulmana]] in 12000 uomini.</ref>, per liberare [[Antiochia]] dall'assedio dei [[crociati]].<br>Kerboga si mise in marcia per Antiochia, alla fine di aprile, però era preoccupato per il fatto che nel mese di marzo un gruppo di Crociati<ref>[[Baldovino I di Gerusalemme|Baldovino di Buglione]] si era fatto nominare erede dal signore della città di [[Edessa (Mesopotamia)|Edessa]], [[Thoros di Edessa|Thoros]], che pochi giorni dopo era stato linciato dalla folla, senza che il figlio adottivo intervenisse.</ref> si era impadronito della città [[armena]] di [[Edessa]], che si trovava sul percorso da Mossul ad Antiochia.<br>Kerboga decise di attaccare Edessa, per non trovarsi preso tra due eserciti cristiani, uno ad Antiochia ed uno a Edessa. I suoi emiri erano contrari, perché i crociati di Edessa erano solo tremila ed ogni giorno di ritardo avrebbe potuto essere fatale per Antiochia. Kerboga però mise l'assedio a Edessa e solo dopo tre settimane capì che la città era imprendibile in pochi giorni, e solo allora, verso la fine di maggio, decise di riprendere l'avanzata verso Antiochia, con una marcia a tappe forzate.
 
I difensori di Antiochia, non vedendo arrivare, a metà maggio, gli aiuti sperati comincarono a disperare di salvarsi, nentre, nello stesso mese di maggio, ai capi crociati era giunta voce che l'armata musulmana di Kerboga si stava dirigendo verso Antiochia, per cui un certo numero di [[crociati]], ritenendo la loro situazione molto debole<ref>I [[crociati]] avevano impiegato oltre sei mesi a portare a termine l'assedio e i difensori sino ad allora avevano potuto fare entrare in città le derrate alimentari necessarie e con delle sortite riuscivano anche a intercettare i convogli che le portavano ai crociati. La prospettiva ora di venire anche accerchiati non era per molti di loro allettante.</ref> e dando per scontata la sconfitta contro l'armata di Kerboga, tra fine maggio ed i primi di giugno, disertò.<ref>Tra coloroche disertarono vi fu anche [[Stefano II di Blois]], che, lasciata Antiochia, il 2 giugno, a metà giugno, mentre era sulla strada del ritorno a casa incontrò l'[[impero bizantino|imperatore dell'impero d'Oriente]], [[Alessio I Comneno]] che arrivava in soccorso dei crociati, con le sue truppe, e gli riferì che la situazione era disperata convincendolo a tornarsene a Costantinopoli.</ref>.<br>Ma, il 3 giugno i crociati, guidati da [[Boemondo I d'Antiochia|Boemondo d'Altavilla]], che era riuscito a convincere, Firuz, un responsabile musulmano<ref>Firuz, secondo lo storico del XII secolo, [[Ibn al-Athir]], era un fabbricante di corazze, addetto alla difesa delle torri, di origine [[armena]] e di religione [[musulmana]], che voleva vendicarsi di [[Yaghisiyan]] perché lo aveva accusato di praticare il mercato nero e quindi gli aveva inflitto una pesanre ammenda.</ref> di una delle torri (la ''Torre delle due Sorelle'') della città a farli passare da una finestra della torre, erano entrati in [[Antiochia]], occupandola tutta, meno la cittadella a sud della città, che era difesa da una guarnigione comandata da Shams ad-Dawla, figlio di Yaghisiyan, che era fuggito nella notte del 3 giugno.