Compassione (buddismo): differenze tra le versioni

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Nel [[Buddhismo Mahāyāna]] la "compassione" (''karuṇā'') rappresenta unitamente alla "saggezza" (''prajñā'') i due pilastri delle proprie dottrine e pratiche religiose.
 
La dottrina e la pratica mahāyāna della "compassione" si fondano sulla consapevolezza (saggezza, sans. ''prajñā'') della "Verità della Via mezzo" ([[sanscrito]] ''mādhya-satya'') predicata da [[Nāgārjuna]] ovvero sulla compresenza della "assolutezza" o [[vacuità]] (''śūnyatā-satya'') e della "singolarità" o "provvisorietà" (''saṃvṛti-satyadi'') di ogni aspetto della Realtà ultima per cui essendo "Tutto" privo di esistenza intrinseca, indipendente, ogni [[fenomeno]] esiste sia nella sua natura soggettiva ("convenzionale") e contemporaneamente nella sua relazione con gli altri ("assoluta") rappresentando la "singolarità" come una delle molteplici manifestazioni di un'unica Realtà ultima, singole facce di un «grande brillante»: le distinzioni che la mente opera di continuo, unicamente dividendo e classificando in categorie le percezioni, sono viste, dunque, come illusorie ed anchee l’''[[ego]]'' se non compreso anche olisticamente con l'intera Realtà è solo un'illusione poiché non esiste un ''[[io]]'' separato da tutto il resto.
 
Per questa ragione il [[Buddhismo Mahāyāna]] non predica il "distacco" nei confronti dei sentimenti e dei vissuti quale l'amore e la pietà, ma fonda la sussistenza di ciò sulla corretta comprensione della Realtà ultima (saggezza, sans. ''prajñā''). Quindi non vi può essere "compassione senza sagezza" né "saggezza priva di compassione".
 
Nel [[Buddhismo Mahāyāna]] il principio della "compassione" è rappresentato dal [[bodhisattva]] cosmico [[Avalokiteśvara]].