Pietro Longo: differenze tra le versioni

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Fu costretto a dimettersi prima dal suo incarico di governo ([[13 luglio]] [[1984]]) e poi dalla guida del PSDI nel [[1985]], a causa dello scandalo [[P2]], nei cui elenchi degli iscritti sin dal 1981 era stato trovato il suo nome, con numero 926. Alla guida del partito gli successe [[Franco Nicolazzi]].
Alle elezioni del [[1987]] Longo non venne rieletto in Parlamento e perse definitivamente [[l'immunita' parlamentare]], cosa che lo porterà ad essere processato per lo scandalo delle tangenti [[Icomec]], con condanna in primo grado (1989, sentenza del Tribunale di Milano: 7 anni e 6 mesi), quindi in appello (1991, 2 anni e 6 mesi) diventata definitiva con sentenza della [[Corte di Cassazione]] a 2 anni e 6 mesi. La notte del 30 aprile 1992 fu prelevato a casa dai [[Carabinieri]] e tradotto nel carcere di [[Rebibbia]].
 
La notte del 30 aprile [[1992]] venne arrestato nella sua casa di Roma dai carabinieri, a seguito della condanna definitiva espressa dalla [[Corte di Cassazione]] a 2 anni e 6 mesi per lo scandalo [[Icomec]].
 
Nel PSDI la sua corrente rappresentava, assieme alla tendenza di [[Pierluigi Romita]], l'area favorevole ad una fusione del partito con il PSI di [[Bettino Craxi]]; il [[15 febbraio]] [[1989]] quest'area, comprendente molti rappresentanti del PSDI, si costituì nel movimento dell'[[Unità e Democrazia Socialista]] (UDS), che il [[13 ottobre]] [[1989]] confluì nel PSI.
dove [[Craxi]] gli offrì un posto nella Direzione.
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