A Bonaparte liberatore: differenze tra le versioni

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L'ode è composta da nove [[strofa|strofe]], ciascuna di ventisei [[verso|versi]], [[endecasillabo|endecasillabi]] e [[settenario|settenari]].
 
Nell'ode viene invocata la [[dea]] [[Libertà]] che è fuggita da [[Roma]] al tempo della [[tirannia]], perché ispiri il poeta in questo felice momento, in cui non viene più considerato un [[delitto]] dire la verità. La dea giunge in [[Italia]] inneggiata dal [[Canto (musica)|canto]] dei [[guerriero|combattenti]], tra i quali uno sfodera la [[spada]] e, preceduto dalla [[Gloria]] e seguito dalla [[Vittoria (divinità)|Vittoria]] e dalla [[Fama]], fa [[strage]]. Il poeta si chiede che cosa ha spinto la dea a giungere in Italia, che una volta era [[regina]] ed ora è [[schiavitù|schiava]], da riva straniera.
 
[[Roma]], dice il poeta, ha assistito al rovesciamento dei [[trono|troni]], ha visto insediarsi nuovi [[Nerone|Neroni]] e nuovi [[impero|imperi]] costruiti sulle stragi, sulla [[violenza]] e il [[peccato]] fino a quando [[Dio]] disse "non più!". Ma l'Italia non si è liberata dai livori e dalla [[schiavitù]] e Roma e [[Firenze]] invocano la libertà, mentre le altre [[regione|regioni]] si dilaniano nelle [[lotta|lotte]] interne e [[Torino]] tenta inutilmente di liberarsi dalla [[prigione|prigionia]].