Sociologia della conoscenza: differenze tra le versioni

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La '''sociologia della conoscenza''' studia le modalità di accesso alla [[conoscenza]] degli oggetti o del sapere cosiddetto ''scolastico'', ovvero le modalità di produzione di tale sapere.<br/>
Essa assume dunque posizione biunivoca, concentrandosi sia sugli aspetti di possibilità del conoscere (la cui riflessione metodologica non si distanzia molto dalla riflessione [[gnoseologia|gnoseologica]] della [[filosofia della conoscenza]]), sia su quelli legati all'introduzione di un particolare sapere nella realtà sociale.<br/>
Propriamente l'origine non è "gnoseologica" ma si rifà al concetto di ''Wissen'': è la "sociologia del sapere" fondata e sviluppata da [[Max Scheler]], poi ripresa nel senso di "sociologia della conoscenza" da [[Karl Mannheim]].<br/> La sociologia del sapere in Scheler fa riferimento alle forme della ''Bildung'', cioè alla sedimentazione delle tecniche con cui l'uomo dà forma alla propria esistenza.
 
Karl Mannheim propone di considerare i rapporti tra l'essere situato nel mondo e il pensiero, che sarebbe relato appunto alla struttura sociale nella quale l'essere è gettato. Egli propone per la sociologia della conoscenza una "sfera libera" e indipendente dalla quale poter analizzare e ricostruire le diverse contingenze storiche delle produzioni del sapere e per favorire una ricerca [[gnoseologia|gnoseologica]] sul problema della validità delle teorie.<br/>
In questo modo però si esponeva alle abbondanti e inevitabili critiche dovute all'assenza di [[riflessività]]: questa rimane la spina nel fianco di qualsiasi teoria "sociologica" (ma già [[Baruch Spinoza]] ne abbozzò la legittimità) sulla conoscenza, in quanto basantesi sul principio opposto alla teoria filosofica della conoscenza, che attribuisce all'uomo facoltà conoscitive immutabili e universali (vedi [[Kant]]), e cioè sul radicamento delle possibilità del sapere nell'esserci.