Controguerriglia: differenze tra le versioni

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{{S|guerra}}
{{quote|Questo è un nuovo tipo di guerra, nuovo nella sua intensità, antico per le sue origini, guerra fatta di assassinii, di imboscate più che di combattimenti, di infiltrazioni invece che di aggressioni dove la vittoria è ricercata più con l'esaurimento e l'erosione del nemico che col suo ingaggio in combattimento.|[[John Fitzgerald Kennedy]] in un discorso tenuto a [[Accademia Militare degli Stati Uniti|West Point]] nel [[1962]] sulla [[guerra del Vietnam]]}}
Per '''counterinsurgency''' (noto con l'acronimo '''COIN''') si intende l'approccio utilizzato nei [[Guerra non convenzionale|conflitti non concenzionaliconvenzionali]] da un [[esercito]] regolare contro una formazione irregolare che utilizza metodi di [[guerra asimmetrica]] come la [[guerriglia]] e l'[[insurrezione]].<br />
Questo particolare tipo di combattimento nasce per sovvenire alle lacune che l'impostazione militare "''occidentale''" classica incontra nell'affrontare avversari che si dotano di "regole" diverse, contrapponendo all'ipertecnologia, alla disciplina, al rispetto delle norme internazionali scritte e consuetudinarie, con astuzia, elusione e completa disattenzione di ogni norma giuridica e contrapponendo alla tradizionale concezione di guerra che vede nella battaglia finale lo scontro decisivo, lo scopo stesso della guerra da condurre nel tempo più breve tempo possibile sviluppando il massimo della forza disponibile.<ref>[[Colonnello|Col.]] Claudio Berto, "''Counterinsurgency''" [[2007]]</ref><br />
Proprio il tempo diventa quindi la variabile utilizzata dalla parte dotata del minor potenziale che soccomberebbe sicuramente in un confronto "convenzionale", trasformando quindi l'evento bellico da guerra in [[guerra di logoramento]], dove agli insorti basta resistere ogni giorno per protrarre negli anni gli scontri aumentando quindi sempre di più le perdite nel nemico, ogni giorno di resistenza è una dimostrazione di inefficienza del nemico che ha un grosso peso psicologico tra i combattenti galvanizzando gli irregolari e degredandodegradando il morale e la fiducia nel personale "regolare".<br />
Anche la dimensione ''spazio'' subisce una notevole distorsione, abbandonando completamente il vecchio concetto di "campo aperto" trasferendo il teatro degli scontri nei centri abitati, nelle foreste e in scenari impervi, spesso anche con la collaborazione delle popolazioni civili. La lotta quindi assume un carattere marcatamente psicologico, dove cioè la capacità di intimorire e convincere possono fungere da ago della bilancia per il successo o l'insuccesso stesso dell'operazione. In tale dimensione i simboli e la propaganda finiscono per essere largamente più importanti degli assetti da combattimento propriamente detti.<br />
Diventa quindi più importante lo sviluppo sociale, economico e politico e diventa più importante della semplice distruzione dell'avversario, necessitando un approccio diverso da quello della guerra classica. Nei manuali di guerra americani si afferma che non sempre l'uso della forza bruta permette il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati:
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{{quote|nelle piccole operazioni militari la tolleranza, la simpatia e la gentilezza dovrebbero essere la parola-chiave delle nostre relazioni con la massa della popolazione.|''Small Wars Manul'', [[United States Marine Corps]], 1940 edition, p.32}}
==Storia==
{{F|storia|aprile 2010}}
Due riferimenti metodologici per le attività di controguerriglia sono la guerra delle [[Filippine]] del [[1899]]/[[1902]] e l'intervento britannico in Malesia terminato nel [[1960]] dopo ben 12 anni di combattimenti.<br />
===[[Guerra filippino-americana]]===
Nel primo esempio, paradossalmente la vittoria fu raggiunta grazie alla sostanziale bassa tecnologia delle forze americane che non disponendo di "fortezze volanti" o "bombe intelligenti" e non impiegando artiglierie evitarono "danni colletaralicollaterali" impiegando piccole unità altamente mobili dotate di armamenti leggeri ed aiutate dalle stesse popolazioni nella caccia ai guerriglieri, consentendo quindi l'isolamento degli insorti e la vittoria delle forze governative. L'esercito evitò quindi le grandi operazioni risolutive, massimizzando l'impiego di ''scout'' ed unità d'[[forze speciali|élite]], potenziando il pattugliamento decentrato ed utilizzando unità paramilitari indigene.
===Emergenza malese (1948-1960)===
L'approccio britannico durante l'[[emergenza malese]] del [[1948]] fu quella di garantirsi la benevolenza delle popolazioni locali considerando che sarebbe stato risolutivo conquistare ''hearth and mind'' (menti e cuori) della gente.<ref>Rich Lowry, "''Been there, done that''", National Review Editor, [[18 gennaio]] [[2005]]</ref> Si guadagnarono quindi i favori e il supporto della comunità garantendo pace e stabilità anche avviando molti progetti pubblici in larga scala, migliorando la vita nei piccoli centri, sottraendo quindi i principali sostenitori al ''Malaysian Communist Party'', cioè le popolazioni contadine e rurali. Fu elaborata, anche sulla base delle esperienze maturate nella lunga epoca coloniale che aveva dimostrato la necessità di un approccio integrato civile-miltare per la risoluzione di questi conflitti da considerarsi non solo militari, una strategia su 3 punti<ref>[[Tenente Colonnello|Lt.C.]] [[Royal Marines|R.M.]] Cassidy, ''The british army and counterinsurgency: the sailnece of military culture'', US Army Military Review, [[maggio]]/[[giugno]] [[2005]]</ref>: