Sensibilità: differenze tra le versioni

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La '''sensibilità''', di norma, è la facoltà di percepire attraverso sensori (nel caso di esseri viventi, gli [[organi di senso]]) stimoli provenienti da fonti esterne.
Il termine assume tuttavia diversi significati a seconda dell'ambito:
* In [[fisica]] e in [[chimica]], '''[[sensibilità strumentale|sensibilità]]''' si riferisce, nel caso ideale, al rapporto tra la variazione del valore misurato ''R'' e la variazione del valore reale ''E'', o in altri termini è la derivata della funzione y(s) che è la risposta del sensore allo stimolo s, pertanto se la funzione non è una retta la sensibilità varia da punto a punto. Talvolta se viene scelto un punto di lavoro attorno al quale effettuare la misura, la sensibilità diventa la linearizzazione della curva attorno a tale punto. Infine negli strumenti elettronici viene anche definita come il minimo stimolo rilevato dal sensore, esiste infatti un limite inferiore oltre il quale lo stimolo non è più distinguibile dal rumore di fondo, per questo a volte è definita come lo stimolo che applicato al sensore produce un'uscita uguale al valore efficace del rumore;
* In [[medicina]], la '''[[Sensibilità (medicina)|sensibilità]]''' è la probabilità di un [[Test#Test_medico|test diagnostico]] di indicare un risultato positivo (anomalo) nei soggetti colpiti dalla malattia («veri positivi»)
* In filosofia la [[sensibilità (filosofia)|sensibilità]] è l'intensità e l'acutezza con cui un soggetto intuisce col pensiero qualcosa di esterno a lui.