Luigi Repossi: differenze tra le versioni

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'''Luigi Repossi''' (detto Gin) ([[Milano]] [[2 marzo]] [[1882]] - [[Milano]] [[4 febbraio]] [[1957]]), esponente politico italiano e rivoluzionario comunista.
 
==Gli Biografiainizi nel PSI==
Figlio di operai, trascorse la gioventù nel popolare quartiere milanese di [[Porta Ticinese]], dove avvenne la sua maturazione politica, partecipando attivamente alle lotte proletarie di fine secolo, come le grandi agitazioni contro la fame del [[1898]]. Occupato come meccanico tornitore, intensificò il suo impegno nelle fabbriche, nelle piazze e nel sindacato. Quando entrò nel Comitato direttivo della Sezione milanese del [[Partito Socialista Italiano]], si schierò con la [[Sinistra Intransigente]], insieme a [[Bruno Fortichiari]], [[Abigaille Zanetta]], [[Livio Agostini]] e [[Alfredo Interlenghi]].
 
Alla vigilia della guerra mondiale, fu tra i più decisi oppositori dell’intervento dell’Italia, continuando per tutta la durata del conflitto una lotta intransigente che, nel luglio 1917, gli costò la condanna a cinque mesi di detenzione e l'assegnazione al confino. Al XV Congresso dello [[PSI]] ([[Roma]], 1-5 settembre [[1918]] ) rappresentò la sinistra socialista milanese e attaccò duramente i riformisti, ma anche altri dirigenti socialisti, per l'opportunismo dimostrato durante la guerra. Nel [[biennio rosso]] [[1919]]-[[1921]], fece parte del Comitato direttivo milanese della [[Federazione Italiana Operai Metallurgici]] (FIOM), Di pari passo assunse un ruolo politico di livello nazionale che, al [[Convegno di Imola]] (28-29 novembre [[1920]], lo vide partecipare all’elaborazione del manifesto-programma della [[Frazione Comunista]].
 
==La nascita del PCI==
Al Congresso di fondazione del [[Partito Comunista d’Italia]] ([[Livorno]], [[21 gennaio]] [[1921]]), fu eletto membro del Comitato esecutivo, con [[Amadeo Bordiga]], [[Bruno Fortichiari]], [[Ruggero Grieco]] e [[Umberto Terracini]]; in particolare gli fu affidata la responsabilità del lavoro sindacale ed ebbe, inoltre, la direzione di fatto del foglio comunista «Il sindacato rosso». Eletto alla [[Camera dei Deputati]] nelle elezioni del maggio [[1921]], diresse il settimanale della Federazione comunista milanese «[[La voce comunista]]» e, fino all'aprile [[1922]], fu anche direttore responsabile della rivista teorica del partito «[[Rassegna Comunista]]». Esponente tra i più in vista del partito, membro dell'ufficio centrale (legale) dell'organizzazione insediato a Roma, partecipò anche all'attività dell'[[Internazionale Comunista]] (IC), sostenendo le posizioni della Sinistra di [[Amadeo Bordiga]], contro la svolta moderata, che si era aperta dopo il Terzo Congresso (Mosca, 22 giugno – 12 luglio 1921). Rieletto deputato nel 1924, partecipò intensamente all'attività del Gruppo parlamentare.
 
Dopo l'assassinio di [[Giacomo Matteotti]], in un momento assai rischioso, pronunciò un famoso discorso in cui accusava il governo fascista. Verso la metà del [[1925]], con [[Onorato Damen]], [[Bruno Fortichiari]] e altri dirigenti comunisti bordighiani, diede vita al [[Comitato di Intesa]]. L'[[8 novembre]] [[1926]], fu arrestato con gli altri deputati comunisti e confinato a [[Lipari]] e a [[Ponza]], dove rimase fino al [[1932]]. Nel [[1928]], mentre si trovava al confino, fu espulso dal partito per non aver sottoscritto la condanna di [[Lev Trockij]], emessa dal IX Esecutivo Allargato dell’IC ([[15 febbraio]] [[1928]]).
 
Tornato in libertà, si stabilì a Milano dove, eludendo il controllo poliziesco e quello, altrettanto poliziesco, del [[PCI]], riuscì a stabilire contatti con [[Bruno Fortichiari]], [[Mario Lanfranchi]] e [[Giusto Della Lucia]], con i quali scrisse e diffuse documenti firmati inizialmente “Gruppo Comunista” e poi “Sinistra Comunista”. All'inizio della [[Seconda guerra mondiale]], fu internato a Istonio (oggi [[Vasto]], in [[provincia di Chieti]]).

==Dopo la guerra==
Dopo l'[[8 settembre]] [[1943]], insieme a [[Bruno Fortichiari]] chiese di essere riammesso nel [[PCI]], ma la sua domanda non fu accolta. Si iscrisse allo [[PSI]], che, dopo la [[Liberazione]], rappresentò nella Commissione lavoro e previdenza sociale, in seno alla [[Consulta Nazionale]]. Negli anni del dopoguerra, oltre a svolgere attività nella [[Camera del Lavoro di Milano]], pubblicò alcuni saggi sul movimento sindacale italiano. Malgrado questi impegni, fu politicamente emarginato e costretto a trascorrere i suoi ultimi anni in condizioni di grande indigenza, confortato solo dall’amicizia dei vecchi compagni.
 
==Bibliografia==