Villotta (musica): differenze tra le versioni

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La '''villotta''' è una forma polifonica a tre o quattro voci su testi di vario metro, nata nel [[XV secolo]] e di origine friulana.
 
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In [[Friuli]] invece il [[canto popolare]] era indicato con i termini "cjançon", "cjançonete", "cjantose" e, in [[Carnia]], anche con "danze" e "raganiza" (filastrocca). Questo tipo di canto non era solo in [[lingua friulana|friulano]], ma anche in [[lingua veneta|veneto]] e in [[lingua italiana|italiano]] e, nelle zone di confine nord-orientale, anche in [[lingua tedesca|tedesco]] e [[lingua slovena|sloveno]]. Dal punto di vista poetico la villotta è composta da 4 [[ottonari]] a [[rima]] alternata ed è equivalente ai [[rispetti]] ed agli [[strambotti]] dell'[[Italia centro-meridionale]]. A [[Ermes di Coloredo]] poeta, autore di versi ottonari si attribuisce il momento di passaggio della villotta da espressione folklorica a produzione d'autore, fu infatti la studiosa e musicologa [[Ella de Schouls-Adaiewsky]] ad analizzare il fenomeno Villotta agli inizi dell'Ottocento arrivando alla definizione di una cronologia nell'evoluzione della produzione villottistica da fenomeno di tradizione orale a produzione compositiva d'autore.
 
==== Testi ====
Le parole dei canti popolari erano il frutto della fantasia di qualche improvvisatore e, passando di bocca in bocca e di paese in paese, venivano modificate a seconda del gusto personale finché del loro autore originario si perdeva il ricordo. Il contenuto poetico in genere si esauriva nel giro di quattro versi di otto sillabe e talvolta anche di cinque, sette, dieci o addirittura undici sillabe, ma non erano rari i casi di contrasti o catene, in cui due gruppi di cantori alternavano le strofe, cercando di mantenere vivo il canto il più a lungo possibile, perfino inventando le parole sul momento. Accadeva così che quartine diverse fossero abbinate alla stessa melodia e che una stessa quartina venisse cantata con musica e ritmo diversi in diverse zone geografiche del Friuli.
Sembra essere stata la risposta popolare al colto madrigale e si caratterizza per la disposizione polifonica delle voci, caratteristica nel XIV presente solo nell’area del Friuli storico.
 
==== Forma poetica ====
La forma poetica è quella chiusa di quattro ottonari alternati piani (primo e terzo) e tronchi (secondo e quarto). La modalità armonica era caratteristicamente in "maggiore" in tempo dispari (possibile sentore di provenienza slavo-balcanica). Questo potrebbe mostrare in musica un aspetto del carattere friulano: anche la malinconia e lo sconforto sono misurati e contenuti senza cadere nel patetico e nello scontato musicale del modo "minore".
Il musicologo Fausto Torrefranca (1883 - 1955), sostiene la villotta nascere alla fine del ‘400 come aria di danza a canto, dove la voce portante veniva mescolata, in un dialogo tra voce solista e coro d’accompagnamento, a comporre una polifonia, incatenata dal “nio”, sorta di ritornello atto al ballo, ma anche legante tra diverse quartine.
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Forse chi delle villotte ne ha scritto in maniera più estatica è stato [[Pier Paolo Pasolini]] (1922-1975) , che definisce un “cjandît lusôr inocent” (una luce candida e innocente) così ne scrive “Brevità metrica, che del resto si fa profonda nell’intimità dei contenuti, e vasta nella melodia: a esprimere come si canta uno spirito talvolta ciecamente malinconico, malinconico come possono esserlo certi sperduti dossi prealpini, di sera, d’inverno; e talvolta colmo invece di un’allegria accoratamente rozza, sgolata, di cui si empiono piazzette e orti nei vespri odorosi di pino, nelle notti tiepide.”.
 
==== Soggetti e fonti storiche ====
I soggetti prediletti delle villotte sono secondo una famosa raccolta di Adalgiso Fior (1954, Milano, ristampa anastatica Ass.Culturale Fûrclap 2003) danze, frizzi e ripicchi, dispetti, amore sereno, amore sfortunato, mestizia, la casa, i paesi, il lavoro, la natura, i tempi di guerra, l'emigrazione, la filosofia popolare.
Il termine "vilote" apparve, probabilmente per la prima volta, nel 1821 nel periodico "Il strolic furlan". Dalla fine dell'Ottocento indicava i canti in friulano su metro ottonario e poi, per estensione, anche quelli d'autore su metro diverso, purché con contenuti riferiti alla [[tradizione]]. Le vere e proprie raccolte di villotte furono realizzate a partire dal [[1865]] quanto ai versi e dal [[1892]] quanto alla musica. I soggetti prediletti delle villotte sono l'amore, la natura, l'invito sessuale, il sarcasmo, la canzonatura, la rivendicazione, la guerra, l'emigrazione. Nonostante la sua natura armonica e polivocale la villotta tuttavia non nacque “per [[Coro (musica)|coro]]”: si cantava in piccoli gruppi spontanei, molto più spesso a due voci con la parte più grave ad eseguire i gradi fondamentali della scala, prediligendo una [[voce|vocalità]] aperta se non stridula nelle voci femminili, e si amava cantare lentamente, “trascinando” le note e con fioriture. L'origine delle melodie è un tema dibattuto e al centro di diverse ipotesi: quella [[Aquileia|aquileiese]], come imitazione delle sequenze ecclesiastiche della monodia liturgica patriarchina; quella celtica, basata sulla forma di canto simile a quello a due voci ([[gymel]]) in uso nelle isole britanniche dal IX al X secolo; quella pre-romantica, che considera la villotta come un prodotto prevalentemente ottocentesco.
 
==== Struttura e autori ====
A partire dalla prima metà dell' 800, data la forte influenza della musica strumentale di matrice austroungarica, si iniziò ad inserire una terza voce in tessitura [[basso|basso-baritonale]] che prevedeva l'esecuzione dei gradi fondamentali della scala a sostegno del melos superiore. Tale prassi influenzò fortemente la produzione villottistica dalla metà dell'Ottocento agli inizi del novecento sia in ambito sacro con autori popolari come [[Antonio Chiaruttini]] (Tunìn Ciarutìn) padre del testo della celebre "Suspîr da l'Anime" musicata da [[Oreste Rosso]], che in ambito profano con nomi prestigiosissimi come [[Franco Escher]], [[Giovann Battista Marzuttini]] (detto Tite Grisòn), [[Rodolfo Lipizer]], [[Giuseppe Peressoni]], [[Arturo Zardini]], o gli stessi [[Cesare Augusto Seghizzi]] e la figlia [[Cecilia Seghizzi|Cecilia]].