Qualità (filosofia): differenze tra le versioni

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*figura e forma geometrica
 
Nella filosofia cartesiana il termine qualità viene usato sia in senso generico, come l'[[attributo (filosofia)|attributo]] o la caratteristica di una cosa, sia in modo specifico come riferimento alla qualità nell'accezione aristotelica di ciò che colpisce i nostri sensi. Ma mentre Aristotele e la scolastica avanzavano la convinzione che la cosmologia si fondasse su quattro "qualità reali" (caldo, freddo, secco, umido), '''[[Cartesio]]''' ritiene che qualsiasi qualità sensibile sia puramente [[soggetto|soggettiva]] per cui il colore, il calore ecc. non sono caratteristiche oggettive, inerenti alla cose, ma esse, anche se sono originate dalle proprietà [[oggetto|oggettive]] della cosa stessa, fanno capo sempre al soggetto che le prova sensibilmente. Le uniche proprietà inerenti alla cosa sono, secondo Cartesio, la forma e la figura poiché possono essere espresse in una [[misura]] che prescinde dalla nostra [[percezione]] sensibile soggettiva.
 
La moderna scienza galileiana della natura riprende e accetta questa distinzione che successivamente vieneverrà teorizzata da '''[[John Locke]]''' nella differenziazione di "qualità primarie", oggettive come quelle caratteristiche che appartengono di per sè ai corpi (l'estensione, la figura, il moto ecc.) e "qualità secondarie", soggettive (colori, suoni, odori, sapori ecc.) che non sono inventate ma che non hanno corrispondenza nella realtà.<ref>Fabrizio Coppola, ''Ipotesi sulla realtà'', Lalli editore, 1991, p.227</ref>
{{Quote|Le idee delle qualità primarie dei corpi sono immagini di essi e le loro forme (patterns) esistono realmente nei corpi stessi; ma le idee prodotte in noi dalle qualità secondarie non hanno affatto somiglianza con essi.<ref>J. Locke, ''An Essay Concerning Human Understanding'', London 1963 p.122</ref>}}
 
==La nuova fisica kantiana==
Contrariamente a [[George Berkeley]] ([[1685]]–[[1753]]) che aveva sostenuto che anche le qualità primarie, oggettive, in realtà hanno una costituzione soggettiva,<ref>Jeanne Hersch,Alberto Bramati, ''Storia della filosofia come stupore'', Bruno Mondadori ed., 2002 p. 141</ref> '''[[Immanuel Kant]]''' riaffermerà valida la distinzione di Locke ed anzi teorizzerà che anche quelle soggettive possono essere riportate al concetto di [[quantità (filosofia)|quantità]] e quindi intenderle come oggettive. Per Kant le categorie di qualità si devono dedurre dalla distinzione logica dei [[giudizio (filosofia)|giudizi]] che vengono definiti come affermativi o negativi per qualità: oltre questi, secondo Kant, vi é il giudizio infinito o limitativo che è quello espresso dal giudizio «A è non-B»: quindi le categorie di qualità sarebbero quelle di realtà, negazione e limitazione. Le prime due però in natura non si presentano mai isolate ma collegate l'una all'altra così da rappresentare sempre una realtà limitata (esprimente la terza categoria) quindi un "grado" della realtà che come tale rappresenterà una grandezza oggettiva, una quantità, non estensiva ma intensiva, oggettiva e misurabile.
 
Le quantità estensive hanno la caratteristica di essere l'una esterna all'altra come ad esempio in una linea si può scorporare un segmento: questo non può essere fatto con le quantità intensive che si compenetrano e si sviluppano invece lungo una linea continua sulla quale non si può "tagliare" un grado intermedio. Mentre le quantità estensive sono riferite alle funzioni trascendentali di spazio e tempo, quelle intensive sono pura materia oggetto delle nostre sensazioni che la percepiscono con diversi gradi d'intensità <ref>«Oltre lo spazio non c'è nessun'altra rappresentazione soggettiva che si riferisca a qualcosa di esterno e che possa dirsi a priori oggettiva» Le sensazioni di colori, suoni e calore sono semplici sensazioni soggettive. (I. Kant, ''Critica della ragion pura'', trad.it. p.73)</ref>: tutte e due le quantità poi hanno una struttura di continuità tale che nell'esperienza non ci sono nè vuoti spazio-temporali, nè interruzioni d'intensità.<ref>Cesare Luporini, ''Spazio e materia in Kant, con una introduzione al problema del criticismo'', ed. Sansoni, 1961, p.63</ref>