Palazzo Orsini di Gravina: differenze tra le versioni

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Il [[XIX secolo]] fu un periodo poco felice per l'edificio, poiché venne espropriato ed acquistato dal Conte dei Camaldoli [[Giulio Cesare Ricciardi]]. Lui affidò la ristrutturazione quasi completa del fabbricato all'architetto [[Nicola d'Apuzzo]]; questo architetto trasformò radicalmente la struttura, tanto da subire le critiche degli intellettuali dell'epoca, ma, nonostante tutto, il Ricciardi e il suo addetto ai lavori continuarono a perseguire il proprio obiettivo, avendo anche il nulla osta da [[Ferdinando II delle Due Sicilie]] e dal Consiglio Edilizio. In questa serie di trasformazioni furono aperte delle botteghe nella facciata principale, rompendone così la continuità originale, vennero eliminati i busti sulle finestre per realizzare balconi ed il complesso venne appesantito con la realizzazione del secondo piano.
 
Il [[15 maggio]] [[1848]] venne distrutto da un incendio che creò non pochi danni alle strutture: l'anno successivo fu necessario ricostruirlo affidando i progetti a [[Gaetano Genovese]] e all'ingegnere del regno [[Benedetto Lopez-Suarez]]. L'intervento mirava ad un utilizzo pubblico, infatti, il Genovese alterò definitivamente la planimentriaplanimetria aggiungendo il quarto lato e rivestì in [[Piperno (roccia)|piperno]] i basamenti delle facciate laterali, inoltre vennero ricostruite le scale, ecc..
 
Prima dell'[[Risorgimento|Unità d'Italia]] divenne sede dell'ufficio delle Tasse. Dopo l'unificazione fu adibito ad [[Posta|ufficio postale]]. Nel [[1936]] fu nuovamente restaurato da [[Camillo Guerra (ingegnere)|Camillo Guerra]] che provvedette al rinforzo delle fondamenta realizzando sottofondamenta in [[calcestruzzo armato]]; in più, venne eliminato il secondo piano.