Onere: differenze tra le versioni

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Il soggetto sul quale grava l'onere è libero di tenere o meno il comportamento e in ciò l'onere si distingue dall'[[obbligo]] e dal [[dovere]], la cui inosservanza comporta, invece, l'applicazione di una [[sanzione]]: il mancato adempimento dell'onere non comporta alcuna sanzione ma il non realizzarsi dell'effetto giuridico favorevole. Questo ha portato a definire l'onere, con un apparente [[ossimoro]], "dovere libero".
 
L'esempio classico è rappresentato <nowiki>dall'</nowiki>''[[onere della prova]]'', presente nella generalità degli ordinamenti ed enunciato per quello italiano dall'art. 2697 del [[Codice civile italiano|Codice civile]]: chi [[azione (diritto)|agisce]] in giudizio per far valere un [[diritto soggettivo|diritto]] deve fornire la dimostrazione dei [[fatto giuridico|fatti]] su cui tale diritto si fonda, così come chi gli oppone un'[[eccezione (diritto)|eccezione]] deve dimostrare i fatti sui cui essa si fonda; se la parte non assolve all'onere della prova, il [[giudice]] deciderà la [[Azione legale|causa]] in modo sfavorevole alla stessa. Vengono ricondotti all'onere anche i casi in cui il legislatore impone il rispetto di determinate forme, tipicamente quella scritta, per certi [[atto giuridico|atti giuridici]]: il mancato rispetto di tali forme, infatti, comporta in non realizzarsi di un effetto favorevole, la [[validità (diritto)|validità]] dell'atto.
 
In passato l'onere tendeva ad essere considerato una situazione soggettiva passiva. La dottrina più recente tende, invece, ad ascrivelo tra le situazioni soggettive attive vedendo in esso un potere e, al contempo, un dovere gravanti sullo stesso soggetto, sicché non esiste alcuna correlata situazione attiva in capo ad altri.