Claudio Tolomei: differenze tra le versioni

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Fu [[Esilio|esiliato]] dalla città natale nel [[1526]] per la sua politica favorevole ai [[Medici]], e si recò dapprima a [[Roma]], dove fu protetto dal cardinale [[Ippolito de' Medici]], quindi a [[Piacenza]], alla corte di [[Pier Luigi Farnese]], sotto il quale fu presidente del Supremo consiglio di giustizia ([[1545]]-[[1947|47]]). Nel [[1549]] fu nominato vescovo di [[diocesi di Curzola|Curzola]]. Ritornò in patria dall'esilio nel [[1551]] e fu inviato in [[Francia]] in qualità di ambasciatore di [[Repubblica di Siena|Siena]]; rimase per il resto della vita in Francia, dove svolse anche l'ufficio di [[diocesi di Tolone|Vescovo di Tolone]].
 
Claudio Tolomei fu un [[poligrafo (autore)|poligrafo]]: scrisse di [[storiografia|storia]], di [[diritto]], di [[critica letteraria]], di [[filologia]], e scrisse orazioni politiche, lettere e [[versi]] fra i quali furono apprezzati alcuni [[sonetto|sonetti]] [[Idillio|idilliaci]]. Nell'opera ''Versi et regole de la nuoua poesia toscana'' del [[1539]], scritto in collaborazione con numerosi allievi, Tolomei espose i precetti per l'applicazione della [[metrica quantitativa]] ([[lingua latina|latina]]) alla [[lingua italiana]], e presentò esempi di versificazione, suoi e di altri, composti secondo la tecnica proposta. Molto importante fu i dialoghi ''Il polito'' del [[1525]], nel quale combatté le riforme ortografiche del [[Giorgio Trissino|Trissino]], e ''Il Cesano'' (stampato dal [[Gabriele Giolito de Ferrari|Giolito]] nel [[1555]] senza il consenso dell'autore, ma composto circa trent'anni prima), dedicato alle polemiche sulla lingua italiana fra i fautori della fiorentinità e quelli dell'italianità, nel quale Tolomei sostenne la tesi della "toscanità".
 
== Opere ==