Deduzione: differenze tra le versioni

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=== Dal Medioevo all'età moderna ===
[[File:Galileo_Galilei01.jpg|right|thumb|130px|[[Galileo Galilei]]]]
La gnoseologia aristotelica, passata attraverso la [[scolastica (filosofia)|scolastica]] medievale, e fatta propria anche dalla logica [[metafisica]] e [[neoplatonismo|neoplatonica]], che vedeva nella deduzione il metodo per eccellenza con cui riprodurre la realtà a partire dall'intuizione suprema dell'[[Idea]], resterà valida almeno fino al Seicento. Da allora, con il progressivo abbandono dell'essenzialismo aristotelico che legava strettamente la [[logica]] all'[[ontologia]], la deduzione tenderà sempre più a configurarsi come una relazione fra oggetti puramente sintattici, a prescindere dal contenuto delle proposizioni di cui si parla.
 
[[Galileo Galilei]] (1564-1642) per primo rinunciò alla conoscenza delle [[qualità]] e delle essenze del reale, in favore di un'analisi limitata ai suoi aspetti [[quantità (filosofia)|quantitativi]]. Galilei comunque, accanto al nuovo metodo ''induttivo-sperimentale'', continuò ad utilizzare il metodo deduttivo aristotelico. Egli distinse due momenti: la conoscenza per lui parte dall'esperienza, durante la quale, per induzione, l'intelletto accumula dati (Galileo parlerà di ''sensate esperienze''); quindi, rielaborando con la ragione tali dati, si perviene alla formulazione di leggi univesalmente valide, e che, in quanto tali, superano il momento dell'esperienza particolare e sensibile; da tali leggi universali sarà quindi possibile, a loro volta, ricavare per deduzione altre determinazioni particolari (processo che Galileo chiama ''necessarie dimostrazioni'').