Rinascimento emiliano: differenze tra le versioni

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A [[Bologna]] la vitale [[Università di Bologna|Università]], il cantiere della [[basilica di San Domenico]] e la liberalità della signoria dei [[Bentivoglio]] furono motivi di attrazione di umanisti, artisti e altre pesonalità, come il matematico [[Luca Pacioli]] che proprio in città avrebbe incontrato [[Albrecht Dürer]] al principio del Cinquecento.
 
Qui studiò [[Leon Battista Alberti]] e, tra il [[1425]] e il [[1434]], lasciò il proprio capolavoro [[Jacopo della Quercia]], la [[Porta Magna]] della [[basilica di San Petronio]]. Negli [[anni 1470|anni settanta del Quattrocento]] lavorarono in città i ferraresi [[Francesco del Cossa]] ed [[Ercole de' Roberti]], che compirono, tra l'altro, il ''[[Polittico Griffoni]]'' e la [[Cappella Garganelli]], opere che ebbero un profonda influenza soprattutto sugli scultori. [[Niccolò dell'Arca]], attivo all'[[Arca di san Domenico]], creò un famoso ''[[Compianto sul Cristo morto (Niccolò dell'Arca)|Compianto sul Cristo morto]]'' (1485 circa), di struggenztestruggente esplosione emotiva, ispirandosi alla plastica borgognona, all'ultimo [[Donatello]] e, probabilmente, agli affreschi dei ferraresi, dei quali restano oggi solo alcuni frammenti di toccante realismo. Il vitale esempio cadde però di nuovo nel vuoto: nei successivi gruppi scultorei del modenese [[Guido Mazzoni]] i toni sono ben più concilianti e convenzionali. Anche in pittura, dopo il ritorno di [[Ercole de' Roberti]] a [[Ferrara]], gli artisti locali si affidarono ai più pacati modi [[rinascimento umbro|umbro]]-[[rinascimento fiorentino|fiorentini]].
 
Nel [[1494]]-[[1495]] soggiornò a Bologna il giovane esule [[Michelangelo]] che, protetto dal nobile [[Giovan Francesco Aldovrandini]], trovò impiego presso i domenicani, per i quali realizzò alcune statue dell'[[Arca di San Domenico]], dove anticipò quella ''gravitas'' espressiva di alcuni capolavori successivi come il ''[[David (Michelangelo)|David]]''. Studi recenti sottolineano l'importanza di questo soggiorno nella formazione dell'artista, che studiò i modi di rappresentare l'energia trattenuta e le variazioni espressive di [[Jacopo della Quercia]] e delle opere ferraresi, traendone fondamentali ispirazioni nella maturazione del proprio stile. Già affermato, tornò a Bologna nel [[1507]]-[[1508]] per riconciliarsi con papa [[Giulio II]] e realizzare una scultura bronzea del [[Giulio II benedicente|papa benedicente]], distrutta durante i disordini del [[1511]]<ref>Umberto Baldini, Michelangelo scultore, Rizzoli, Milano 1973, pag. 94-95.</ref>.