Livello (contratto): differenze tra le versioni

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Questo contratto, in Italia, è stato utilizzato moltissimo nel Medioevo da privati, enti pubblici ed enti religiosi. La concessione poteva essere temporanea, per venti anni rinnovabili con la [[ricognizione]] al diciannovesimo anno, o perpetua. La versatilità di questo contratto diede luogo a confusione con altri tipi di contratto, specie con l’[[enfiteusi]], tanto che in tempi moderni non si riusciva più a distinguerlo. Fu il giurista [[Silvio Pivano]] che, agli inizi del Novecento, lo studiò e diede una definizione:“Precarie e livelli erano infatti contratti che potevano intercedere fra persone della più varia condizione sociale, cadere su beni di qualunque entità e natura, essere di qualunque durata, con canone di qualsivoglia valore e specie, con o senza obbligo di miglioramento dei fondi, in una parola senza alcuna specifica determinazione sostanziale. Per contro, nella grande varietà degli esempi, un elemento appariva costante e sicuro, quello della forma con cui dovevano essere conclusi”.
<ref>Le notizie fin qui riportate provengono dal “[[Nuovissimo Digesto Italiano]]” </ref>.
Generalmente in Italia, nella seconda metà del Novecento, il contratto di livello venne dimenticato anche perché il [[Codice civile italiano|Codice Civile]] non lo riporta più già dal tempo del [[Codice Feliciano]] (1865). I contratti intercorsi tra privati, spesso anche con enti religiosi, furono dimenticati e gli [[assegnatari livellari]] non pagarono più alcun canone diventando proprietari a tutti gli effetti dei loro possedimenti. Questo anche in virtù della L. 16 giugno 1927, n. 1766 che: “conferisce al destinatario la titolarità di un diritto soggettivo perfetto, di natura reale, sul terreno che ne è l’oggetto, costituendone titolo legittimo di proprietà e di possesso” a chiunque detenesse e coltivasse un terreno in qualsiasi modo ne fosse venuto in possesso <ref>(Cassazione civ. sez. III, 23 giugno 1993, n. 6940 e Sezioni unite 8 agosto 1995, n. 8673), ( da Il Sole 24 Ore – L’esperto risponde –ques. n. 229634 rub. 140). (Giusta la citazione letterale, errato il contesto in cui è espressa: la Legge 1766/27 sulla liquidazione degli Usi Civici afferma l'esatto contrario di quanto si vuole qui dimostare. La citazione è utile per dimostrare la commerciabilità dei terreni d'uso civico dopo la avvenuta legittimazione con imposizione di canone, mai la prescrizione del canone stesso non esatto dall'Ente competente. Cfr. Notariato, sezione materiali, Studio n. 777/1994). I diritti e i terreni d'uso civico sono dichiarati infatti inusucapibili, imprescrittibili e assimilati al demanio dalla stessa Legge 1766/27, rappresentando attualmente la capitalizzazione del canone al tasso legale (normalmente: venti annualità rivalutate)l'antico diritto della popolazione di esercitare usi agrari sul terreno. Quanto espresso in questa voce di Wikipedia non è applicabile ai terreni d'uso civico regolati dalla Lex specialis 1766/27, a cui non si applicano nel comuni norme del codice civile in materia di enfiteusi e livelli.</ref>
Molti enti però, anche quelli statali, fecero apporre in Catasto il vincolo con la dicitura, dopo il nome del concedente, “livellario al … “.
Lo Stato provvide ad eliminare questo contratto, in capo a beni del [[Demanio pubblico]], per [[antieconomicità]], nel 1974 con la L. 29 gennaio 1974, n. 16 “Rinuncia ai diritti di credito inferiori a lire mille”, con la quale, oltre “alla chiusura delle partite di credito” si provvide anche alla cancellazione della annotazione in Catasto, dando comunicazione agli uffici interessati dell’avvenuta estinzione del contratto e lasciando così gli ex livellari proprietari a tutti gli effetti dei terreni che erano stati concessi a livello ai loro antenati.