Livello (contratto): differenze tra le versioni

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Il '''livello''' è un [[contratto]] agrario in uso nel [[medioevo]], che consisteva nella concessione di una terra dietro il pagamento di un [[fitto]]. La durata era generalmente di 19 anni per evitare l'[[usucapione]]. Il diritto, cosiddetto ''dominio utile'', col tempo divenne alienabile. La parola deriva dal latino “libellus” (cioè libretto).
 
Generalmente si trattava di terreni ubicati prevalentemente in territorio montani, impervi o giudicati inadatti a colture agricole intensive ed utilizzati per pascolo o per legnatico. Il livello veniva stipulato tra il proprietario (spesso un [[nobile]], un [[monastero]], una [[chiesa]]) e il [[livellario]]. Il livello rimase in uso fino agli inizi del [[1800]]. La forma di contratto vigente più rispondente alle caratteristiche sopra richiamate è l’l'[[enfiteusi]].
 
Il contratto agrario di livello venne istituito nel [[368|368 d.C.]] dagli imperatori [[Valentiniano I]] e [[Flavio Giulio Valente]] e fu utilizzato in tutto l’l'[[Impero Romano]]. Con questo istituto chi disponeva di terre poteva concederle a livello dietro un [[canone annuale]]. Le condizioni alle quali un [[Concessionario (diritto)|concessionario]] chiedeva a un [[concedente]] di avere a livello delle terre venivano scritte in “duo libelli pari tenore conscripti” (da qui il nome del contratto): due libretti di uguale contenuto. Ciascuno dei contraenti ne firmava uno che rimaneva in mano all’altro.
 
Il contratto agrario di livello venne istituito nel [[368|368 d.C.]] dagli imperatori [[Valentiniano I]] e [[Flavio Giulio Valente]] e fu utilizzato in tutto l’[[Impero Romano]]. Con questo istituto chi disponeva di terre poteva concederle a livello dietro un [[canone annuale]]. Le condizioni alle quali un [[Concessionario (diritto)|concessionario]] chiedeva a un [[concedente]] di avere a livello delle terre venivano scritte in “duo libelli pari tenore conscripti” (da qui il nome del contratto): due libretti di uguale contenuto. Ciascuno dei contraenti ne firmava uno che rimaneva in mano all’altro.
 
Gli imperatori istituirono questo tipo di contratto, molto agevole per il concessionario che stabiliva le condizioni, con l’intento di aiutare la classe povera, dalla quale provenivano i due fratelli imperatori, oltre che quello di ripopolare territori abbandonati a causa specialmente di vicissitudini belliche. Il [[Canone (diritto privato)|canone]] da pagare in natura non era fisso ma, a fine annata, il concessionario versava al concedente una percentuale del raccolto di alcuni prodotti.
 
Questo contratto, in Italia, è stato utilizzato moltissimo nel Medioevo da privati, enti pubblici ed enti religiosi. La concessione poteva essere temporanea, per venti anni rinnovabili con la [[ricognizione]] al diciannovesimo anno, o perpetua. La versatilità di questo contratto diede luogo a confusione con altri tipi di contratto, specie con l’l'[[enfiteusi]], tanto che in tempi moderni non si riusciva più a distinguerlo. Fu il giurista [[Silvio Pivano]] che, agli inizi del Novecento, lo studiò e diede una definizione: “Precarie e livelli erano infatti contratti che potevano intercedere fra persone della più varia condizione sociale, cadere su beni di qualunque entità e natura, essere di qualunque durata, con canone di qualsivoglia valore e specie, con o senza obbligo di miglioramento dei fondi, in una parola senza alcuna specifica determinazione sostanziale. Per contro, nella grande varietà degli esempi, un elemento appariva costante e sicuro, quello della forma con cui dovevano essere conclusi”.
<ref>Le notizie fin qui riportate provengono dal “[[Nuovissimo Digesto Italiano]]” </ref>.
Generalmente in Italia, nella seconda metà del Novecento, il contratto di livello venne dimenticato anche perché il [[Codice civile italiano|Codice Civile]] non lo riporta più già dal tempo del [[Codice Feliciano]] (1865). I contratti intercorsi tra privati, spesso anche con enti religiosi, furono dimenticati e gli [[assegnatari livellari]] non pagarono più alcun canone diventando proprietari a tutti gli effetti dei loro possedimenti. Questo anche in virtù della L. 16 giugno 1927, n. 1766 che: “(la legittimazione) conferisce al destinatario la titolarità di un diritto soggettivo perfetto, di natura reale, sul terreno che ne è l’oggettol'oggetto, costituendone titolo legittimo di proprietà e di possesso” a chiunque detenesse e coltivasse un terreno in qualsiasi modo ne fosse venuto in possesso <ref>(Cassazione civ. sez. III, 23 giugno 1993, n. 6940 e Sezioni unite 8 agosto 1995, n. 8673), ( da Il Sole 24 Ore – L’espertoL'esperto risponde –ques. n. 229634 rub. 140). (Giusta la citazione letterale, errato il contesto in cui è utilizzata: la Legge 1766/27 riguarda esclusivamente la liquidazione degli Usi Civici ed afferma (unicamente per la materia degli usi civici, non per gli altri tipi di livello o canone) l'esatto contrario di quanto si vuole qui dimostaredimostrare. La citazione è utile per dimostrare la commerciabilità dei terreni d'uso civico dopo la avvenuta procedura amministrativa di legittimazione (a cura della Regione di appartenenza) del possesso abusivo con imposizione di canone (ma si può anche contestualmente affrancare il canone di legittimazione con unica procedura integrata), mai la successiva prescrizione del canone stesso non esatto dall'Ente competente. Cfr. Notariato, sezione materiali, Studio n. 777/1994). I diritti e i terreni d'uso civico sono dichiarati infatti inusucapibili, imprescrittibili e assimilati al demanio dalla stessa Legge 1766/27, rappresentando attualmente la capitalizzazione del canone al tasso legale (normalmente: venti annualità rivalutate) a volte l'originario diritto della popolazione di esercitare usi agrari sul terreno, altre volte la proprietà collettiva della popolazione su quel terreno. Quanto espresso in questa voce di Wikipedia non è applicabile ai terreni d'uso civico regolati dalla Lex specialis 1766/27, a cui non si applicano le comuni norme del codice civile in materia di enfiteusi e livelli, ma solo quelle previste dalla stessa Legge 1766/27 e dal suo Regolamento d'attuazione R.D. n. 332/28. La confusione tra i due istituti però è comune e diffusa.</ref>
Molti enti però, anche quelli statali, fecero apporre in Catasto il vincolo con la dicitura, dopo il nome del concedente, “livellario al … “.
Lo Stato provvide ad eliminare questo contratto, in capo a beni del [[Demanio pubblico]], per [[antieconomicità]], nel 1974 con la L. 29 gennaio 1974, n. 16 “Rinuncia ai diritti di credito inferiori a lire mille”, con la quale, oltre “alla chiusura delle partite di credito” si provvide anche alla cancellazione della annotazione in Catasto, dando comunicazione agli uffici interessati dell’avvenutadell'avvenuta estinzione del contratto e lasciando così gli ex livellari proprietari a tutti gli effetti dei terreni che erano stati concessi a livello ai loro antenati.
 
Gli altri enti coinvolti con questo contratto, specie i comuni, pur non utilizzandolo più da tempo per averlo cancellato dal bilancio, non provvidero a depennare il vincolo espresso in Catasto.
 
Quando, negli anni novanta del Novecento, i comuni fecero l’inventariol'inventario dei loro beni, si ritrovarono ad essere [[concedenti livellari]]. Del tutto dimentichi della storia di questo istituto pensarono che, se avevano concesso a livello tali terreni, voleva dire che ne erano i proprietari. O semplicemente riscoprirono il diritto di esigere un censo dai terreni livellari. Perciò molti comuni, quando non deliberarono di ristabilire quel censo aggiornato, deliberarono di far pagare ai livellari l’l'[[affrancazione]] secondo le norme dell’attualedell'attuale Codice Civile, cioè quelle dell’enfiteusidell'enfiteusi, ignorando il fatto che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 46 del 1959 aveva ribadito:“L’istituto “L'istituto (del livello) è stato dal legislatore considerato nella sua autonomia e disciplinato con criteri autonomi, che in parte coincidono ed in parte contrastano con la disciplina giuridica dell’enfiteusidell'enfiteusi e degli altri istituti similari”.
Cioè, eventualmente questi enti avessero ancora il diritto di far pagare l’affrancazionel'affrancazione e del terreno e dal loro diritto di pretendere censi da quei terreni, non dovrebbero far pagare 15 volte la [[reddito dominicale|rendita dominicale]] ma dieci volte la media dei canoni degli ultimi 10 anni.
Oggi in molti comuni il contratto di livello è vissuto come un problema di difficile soluzione. Ed è difficile davvero risolverlo se ciascun comune non fa la ricostruzione storica del suo, vista la definizione di tale istituto data da Silvio Pivano. Anche se, nella maggior parte dei casi, come asserisce Il sole 24 Ore: “I comuni che hanno conservato il diritto a riscuotere il canone, ma non abbiano continuato a riscuotere i canoni ed esercitato la [[ricognizione del proprio diritto]], ogni diciannove anni, ai sensi dellt’artdell'art. 969 del Codice Civile, hanno perso il diritto a riscuotere il canone, in quanto si è [[usucapione|usucapito]] non la proprietà già di pertinenza del legittimario, ma l’[[obbligo di debenza]] dei canoni <ref>(Avvocatura Generale dello Stato, parere consultivo riferito all’Agenzia, CS 2749/02 del 15 aprile 2004), (Il Sole 24 Ore, rubrica L’Esperto risponde, ques. n. 229634 – rub. 140). </ref>
== Un esempio: il comune di Iglesias ==
A titolo di esempio si riporta il contratto di livello utilizzato dal comune di [[Iglesias]], nel Sulcis Iglesiente, in Sardegna. Iglesias è una città di fondazione nata nel 1258 a bocca di miniera ad opera di Pisa per sfruttare i giacimenti piombo - argentiferi del territorio. L’attivitàL'attività mineraria della città proseguì anche in periodo spagnolo (1324 - 1720) quando, a causa dello spopolamento dovuto alla guerra di conquista e alle pestilenze, le genti sopravvissute del Sulcis e Cixerri furono costrette a stabilirsi in città per fare i minatori. Alla fine del 1500 e inizi del 1600, In seguito allo spostamento degli interessi spagnoli dal Mediterraneo all’Atlanticoall'Atlantico, le miniere cessarono la loro attività e la città di Iglesias, per sopravvivere, fu costretta a cercare altre fonti di reddito. Le più immediate erano le fertili campagne del Sulcis e del Cixerri abbandonate, molte delle quali gli furono concesse dal re perché ne facesse uso per se e per i cittadini. Proprio come al tempo di Valentiniano, Iglesias riuscì a ripopolare quei territori e a dare sostentamento a molti contadini e pastori concedendo a livello tali terre. Non fu l’unicol'unico modo di acquisizione dei terreni del Sulcis da parte dei privati nella fase del ripopolamento, ma certo uno dei più importanti.
 
Il comune disciplinò questo [[contratto bilaterale]] con un regolamento comunale chiamato [[Albarano]], approvato dal re, e la voce “Prodotto dei Salti Cixerro e Sulcis” fu inserita in bilancio. La riscossione del [[censo livellario]], monetizzato, veniva data in appalto triennale. L’appaltatoreL'appaltatore ([[arrendatore]]) praticava l’accertamentol'accertamento del bestiame grosso pascolante nei terreni vincolati e della quantità del grano e dell’orzo raccolti riscuotendo la percentuale nella misura stabilita dall’Albarano.
 
Nel 1853 vennero aboliti i [[diritti feudali in Sardegna]]. I livellari, pensando che il censo che pagavano al comune di Iglesias fosse un diritto derivante dall’esseredall'essere il comune feudatario dei loro terreni, si rifiutarono di continuare a pagare. Il comune in un primo tempo eliminò quella tassa poi, non trovando modo di sostituire la voce di bilancio, la rimise. Nel 1857 novantotto livellari andarono in causa contro il comune. La causa finì in Cassazione nel 1877 con la condanna dei livellari. La maggior parte dei livellari però continuarono a non pagare e per questo il comune, negli anni, si diede da fare per trovare una soluzione. A volte propose una specie di sanatoria che cancellava il settanta per cento dei canoni arretrati e faceva pagare solo il cinquanta per cento della somma di riscatto; altre volte cercò di trasformare il canone di livello in canone fisso, inutilmente, perché i livellari non accettarono in nome della bilateralità del contratto e perché la maggior parte non pagavano più da tanto tempo. Nonostante queste peripezie il comune nel 1915 fece inserire il [[vincolo in Catasto]].
 
La situazione si trascina con ripetute cause fino al 1942 quando il comune toglie dal bilancio la voce relativa. Non toglie però il vincolo espresso in catasto. Questo fa sì che, negli anni novanta del Novecento, riscopre i terreni livellari e, immemore del passato, crede: che i terreni livellari siano di sua proprietà; che il suo diritto di pretendere quel censo sia imprescrittibile; che il livello sia da equiparare all’enfiteusiall'enfiteusi. Nel dicembre del 2002 delibera che i livellari devono pagare l’affrancazionel'affrancazione nella misura di 15 volte la rendita dominicale per avere la piena proprietà dei loro terreni. Gli ultimi cinque anni di canone non caduti in prescrizione vengono condonati. <ref>Per la puntuale ricostruzione storica del livello nel comune di Iglesias si può consultare il libro di Pietro Sanna ''Livellari nei comuni del Sulcis'']. I documenti riportati in questo libro, in maggioranza tratti dall’[[Archivio Storico del comune di Iglesias]], non lasciano dubbi sul fatto che il comune non ha più niente da pretendere dagli [[ex livellari]] ma deve solo provvedere a notificare all’all'[[Agenzia del Territorio]] l’estinzionel'estinzione delle [[partite di credito]] in modo da consentire l’aggiornamentol'aggiornamento delle intestazioni catastali.</ref>
 
==Note==