Clausola penale: differenze tra le versioni

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==Nozione e funzione==
Nel vigente [[codice]] civile la clausola penale è regolata negli articoli dal 1382 al 1384: la sua nozione è strettamente collegata alla funzione che le viene riconosciuta.
Per la concezione dominante in dottrina (BIANCA, BRECCIA, SCOGNAMIGLIO R., TRABUCCHI) ed nella [[giurisprudenza]] maggioritaria la clausola penale mira a liquidare in via preventiva e forfettaria il danno derivante dall’[[inadempimento]] di un’[[obbligazione]] civile (cioè a dire giuridicamente rilevante: è inammissibile una clausola penale riferita all’inadempimento di un’obbligazione naturale). La prestazione dedotta nella clausola penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno, dice la legge: il creditore non ha quindi l’onere di provare il pregiudizio subito e, sempre a tenore di codice, non può pretendere il risarcimento del danno ulteriore se non è stato così stabilito espressamente. Specularmente, il [[debitore]] non è ammesso a provare che il danno effettivo sia inferiore all’ammontare della penale, fatta salva la possibilità di una sua riduzione. Secondo questa impostazione, la clausola penale fissa dunque in via anticipata l’ammontare del danno, evitando le contestazioni del debitore e le lungaggini del processo di cognizione. Indirettamente, la clausola penale rafforza anche la posizione creditoria, determinando un effetto di pressione ad adempiere in capo al debitore: per chi sostiene la natura essenzialmente risarcitoria dell’istituto, tale effetto è insito nella primaria finalità di determinazione preventiva e forfettaria del danno, mentre per altra concezione, invalsa soprattutto nella dottrina tedesca, avrebbe una dimensione autonoma e costituirebbe anzi l’unico fine della penale, che si concreterebbe così in una coazione psicologica ad adempiere, da realizzarsi per mezzo della previsione di un ammontare della penale stessa superiore al danno reale.
Per altra tesi (MAGAZZU’, TRIMARCHI, ZOPPINI) la clausola penale avrebbe una funzione punitiva. La prospettiva in esame muove dalla considerazione per cui nel passaggio dal codice civile previgente a quello attuale è sparito, dalla lettera della legge, ogni riferimento alla compensazione dei danni subiti dal creditore in caso di inadempimento, per poi porre quello che è l’argomento più forte a sostegno di questa impostazione esegetica, ovvero l’affrancazione della penale dalla prova del danno. Si dice infatti che se la penale è dovuta senza che sia necessario provare di aver subito un danno, evidentemente non ha natura risarcitoria, ma esclusivamente afflittiva e sanzionatoria verso il debitore inadempiente. Lo stesso articolo 1384, si rileva, prevedendo la riducibilità da parte del giudice della penale con importo manifestamente eccessivo, sembra riproporre per la penale, specificandolo, un principio generale del diritto che è quello dell’equa proporzione tra illecito e sanzione. La clausola penale sarebbe quindi una pena privata.
Per altra dottrina (MAZZARESE) le due funzioni, risarcitoria e afflittivo-sanzionatoria, coesisterebbero, quindi si dovrebbe coerentemente parlare di funzione duale dell’istituto.