Camera di commercio italo-jugoslava: differenze tra le versioni
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L’idea di una Camera di Commercio Italo-Jugoslava nasce dalla volontà di alcuni operatori economici italiani di approfittare del disgelo nei rapporti fra l’[[Italia]] e la [[Repubblica_Socialista_Federale_di_Jugoslavia| Jugoslavia]], dettato dalla positiva conclusione dell’annosa [[Questione_triestina| questione]] dei confini tra i due stati ([[Memorandum di Londra]] 05/10/[[1954]]), per promuovere e migliorare le relazioni economiche e culturali fra i due paesi. L’atto costitutivo della Camera venne firmato a [[Milano]] il 3 febbraio [[1955]] fra i soci fondatori erano presenti rappresentanti di [[Cantieri Riuniti dell’Adriatico]], [[Dalmine]], [[Necchi]], [[Franco Tosi Meccanica]], [[Innocenti]], [[Pirelli]] e S.A.I.M.E.S. Il primo Presidente fu Salvatore Magrì di [[Finmeccanica]]. Successivamente aderirono anche altre grandi imprese italiane come la [[FIAT]], che nel [[1953]] aveva concluso l'accordo di cooperazione con il governo di [[Belgrado]] e la [[Zastava]] per la produzione su licenza di alcuni modelli e il cui responsabile dei mercati stranieri ad economia mista Ing. Aldo Brignole diverrà presidente della CCIJ nel [[1988]]. Si ricordano anche [[Ansaldo]], [[ENI]], [[Montedison]], [[Banco Ambrosiano]] e [[Banca Nazionale del Lavoro]].
L’attività della Camera si
Negli anni successivi l’attività della Camera continuò approfittando del clima di crescente cooperazione tra [[Italia]] e [[Repubblica_Socialista_Federale_di_Jugoslavia| Jugoslavia]] propiziato dalle visite ufficiali a [[Belgrado]], dei Presidenti [[Saragat]] e [[Pertini]] e a [[Roma]], del Maresciallo [[Josip_Broz_Tito|Tito]] e del Presidente [[Cvijetin_Mijatović|Mijatović]]. Nel [[1983]] nacque anche la Delegazione Friulana della Camera presieduta da Gino D’Onofrio.
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