Via Medina: differenze tra le versioni

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Tra i due periodi di rivoluzione urbanistica c'è ovviamente la [[seconda guerra mondiale]] che ha testimoniato la sua violenza distruttrice anche in via Medina, ferita dai bombardamenti dell'aprile [[1943]] essendo stato duramente colpito il palazzo dell'''Hotel Isotta & Genève'', situato proprio all'inizio della strada, dinanzi la Questura e che costituiva un restringimento della carreggiata. Ciò che rimaneva del palazzo verrà poi abbattuto definitivamente negli anni cinquanta<ref>Claudio Andalò, ''Napoli dopo un secolo'', Edizioni scientifiche italiane, 1961 </ref>.
 
Nel [[1946]] la Repubblica vinse nel referendum con pochi voti di distacco e moltissime polemiche per sospetto di brogli. La città è sempre stata accesa sostenitrice della monarchia sabauda tantoché la percentuale di votanti a favore del mantenimento del Regno fu altissima. Nei giorni seguenti la proclamazione della vittoria della Repubblica la città insorse in massa. Numerosi furono gli scontri con gli ausiliari di pubblica sicurezza inviati dall'allora ministro degli Interni [[Giuseppe Romita]] per sedare le rivolte che repressero nel sangue. In particolare furono gravissimi gli scontri che avvennero l'[[11 giugno]] proprio a via Medina dove all'epoca insisteva la sede napoletana del Partito Comunista, i cui membri esposero fuori la bandiera tricolore senza lo stemma dei Savoia. Negli scontri morirono nove persone, colpite dalle raffiche dei reparti di sicurezza e ci furono 150 feriti. A questi scontri partecipò anche l'intellettuale [[Biagio De Giovanni]], allora solo quattordicenne.<ref>Marco Demarco, ''L'altra metà della storia: spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino''. Guida Editori, 2007</ref>
 
==Descrizione==