Stato di necessità: differenze tra le versioni
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Per lungo tempo in [[dottrina]] si è ritenuto che la esimente in esame costituisse in realtà una [[causa di esclusione della colpevolezza]]. Si riteneva infatti che il presupposto di applicabilità dello stato di necessità fosse l'impossibilità di muovere un rimprovero a colui che, minacciato da una situazione di pericolo, non potesse tenere un comportamento diverso da quello effettivamente tenuto.
Una tale concezione è oggi superata in virtù del dato legislativo di cui all'art.54 che equipara la disciplina prevista per il caso in cui l'azione necessitata sia diretta a tutelare un [[diritto]] dell'agente, e la situazione in cui invece l'azione necessitata sia [[teleologia|teleologicamente]] orientata a difendere un [[bene giuridico]] di una terza persona. In
Alla stregua di questo ragionamento maggior fortuna ha avuto in dottrina la teoria che vede la ragione giustificatrice della esimente in esame nella mancanza di interesse dello [[Stato]] a salvaguardare l'uno o l'altro dei due beni in conflitto, dato che uno dei due dovrà certo soccombere. Si pensi al caso paradigmatico dello scalatore che sia costretto a recidere la corda che lo lega al compagno determinando così la morte ma al tempo stesso mettendo in salvo la propria vita.
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