Apatia (filosofia): differenze tra le versioni

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{{quote|Sapevo di averlo generato mortale.|[[Anassagora]], rispondendo a colui che lo informava della morte del figlio <ref>[[Galeno]] in A 33 D.-K. e [[Cicerone]] nelle ''Tusculanae Disputationes'', III , 30</ref>}}
 
L''''apatia''' (''apátheia'', απάθεια), o '''impassibilità''', è la virtù per eccellenza dello [[stoico]], in combinato disposto con l'[[atarassia]], e consiste nell'assenza di passioni (''páthos'').
 
==Apatia e provvidenza==
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In tale affermazione si nota quanto il concetto di ''apatia'' si allarghi all'interno dell'[[eclettismo|eclettica]] cultura romana fino ad inglobare posizioni [[epicureismo|epicuree]] come l'''[[aurea mediocritas]]''.
 
Da non confondersi l'apatia con l'[[atarassia]] [[Epicuro|epicurea]] che si riferisce all'imperturbabilità del saggio di fronte alle passioni e desideri tale da generare in lui una condizione di serenità e tranquillità (piacere catastematico, stabile).
 
Nell'atarassia l'uomo è quindi soddisfatto della sua condizione e rinuncia ad ogni azione per modificarla, al contrario per lo stoico l'apatia è la liberazione della passioni per intraprendere un nuovo percorso, libero da passioni e sentimenti, quello condotto sotto il segno della razionalità.