Secinaro: differenze tra le versioni

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== Età municipale ==
Quando si parla di "Superqequum" è bene aver presente che questo toponimo non compare mai nelle iscrizioni di età romana dal momento che fu coniato a tavolino dai geografi umanisti. Gli umanisti lo ricavarono dall'etnico "Superaequani" presente nella celebre tripartizione delle genti peligne operata da Plinio il Vecchio (NH) interpretandolo nel significato di "oppidum super aequum positur" ma questa interpretazione fu successivamente messa in discussione dall'archeologo Peligno Antonio De Nino nella convinzione che gli abitanti della Valle Subequana si ritenessero abitanti sopra gli [[Equi]] (Aequi).<ref>F. Santarelli, Lingua Osca e dialetti sabellici</ref>. Gli autori più fedeli alla tradizione umanistica riferiscono oggi il toponimo "Superaequum" ai resti osservabili sul crinale collinare tra le contrade S. Gregorio, Salitto e Ira di Secinaro, mentre quelli più fedeli alla tradizione deniniana riferiscono il toponimo alla regione montuosa che - sovrastando il bacino del "Fucinus Lacus" - può essere genericamente identificato con il territorio della Valle Subequana. La tradizione letteraria vuole che i resti del "municipium" siano da ubicare sul pianoro di Macrano in Castelvecchio Subequo ma, a ben vedere, lo stato delle conoscenze attuali non consente una ubicazione precisa di "Superaequum" e basti pensare che resti completi di cinte murarie, acquedotti, reti fognarie o altri indizi utili a localizzare e circoscrivere il presunto nucleo urbano del ''municipium'' non sono ancora tornati alla luce. Campo Macrano è oltretutto la località in cui sono tornate alla luce iscrizioni relative ad un "''pagus''" ''Vecellanus'' (dunque un insediamento che gli stessi Romani definiscono "pagus" in una pubblica iscrizione di età municipale).<ref> SulIl punto esisteè unastato riccaevidenziato eda copiosaE. letteraturaRicci adin operaquasi ditutte E.le Riccisue pubblicazioni su Superaequum</ref><p>
 
Troviamo i Superequani attestati epigraficamente in tre iscrizioni (due localizzate in Castelvecchio Subequo e una in Secinaro). Il testo dell'iscrizione secinarese ci fa conoscere una "civitatis superaequanorum", ma ciò non deve indurre a pensare che nel territorio di Secinaro sorgesse l'antica città di "Superaequum". I latini utilizzavano infatti il termine "civitas" come sinonimo di legge e di comunità, ma non come sinonimo di città nel significato urbanistico del termine. L'appartenenza di questa iscrizione al contesto epigrafico superequano appare oltretutto dubbia per via del fatto che il testo menziona i quattrruoviri, magistrati di diritto romano notoriamente attestati a Corfinium e Sulmo ma assenti a Superaequum (non a caso Mommsem sospettava che l'iscrizione in questione fosse giunta a Secinaro da Corfinio). Il processo di municipalizzazione di Superaequum si realizzò nella tarda età cesariana se non augustea e, comunque, più tardi rispetto ai due municipi peligni di Corfinium e Sulmo. L'argomento principale a favore di una ritardata municipalizzazione di Superaequum è costituito da una serie di iscrizioni localizzate nei territori di [[Castel di Ieri]], Castelvecchio Subequo, Gagliano Aterno e Molina Aterno in cui risulta attestata la presenza dei duoviri municipali (il duovirato è la forma di governo tipica dei municipii creati dopo la riforma amministrativa di Giulio Cesare). Alcuni autori contemporanei, partendo dal presupposto che l'iscrizione secinarese data al periodo di Aureliano, hanno immaginato che il quattruovirato possa essersi sostituita al duovirato nella tarda età imperiale. Cosicché non vi sarebbe necessità di espungere l'iscrizione secinarese dal corpus delle iscrizioni latine di Superaequum.<ref>in In questo senso M. Buonocore,''L'epigrafia latina di Superaequum'', 1984 recepiscedopo la critica di E. Ricci al Mommsem</ref> <p>
 
A favore di una ritardata municipalizzazione di "Superaequum" rispetto agli altri due municipii giocano invero alcuni altri indizi tra cui uno sviluppo urbanistico senza precedenti che si rileva nel territorio della Valle Subequana (soprattutto sul pianoro di Macrano a Castelvecchio Subequo) a partire dalla metà del I secolo a.C., nonché la presenza di personaggi locali in posti chiave nell'esercito e nel Senato di Roma. Non mancano infine reperti che tradiscono possedimenti territoriali della stessa casa imperiale. Una iscrizione latina proveniente da contrada "La Ira" in Secinaro appare dedicata ad una discendente di [[Scribonia]] la seconda moglie dell'imperatore [[Augusto|Ottaviano Augusto]] da lui stesso ripudiata dopo la nascita di [[Giulia maggiore (figlia di Augusto)|Giulia]]. L'imperatrice Livia, raffigurata con acconciatura classicheggiante, è invece raffigurata in una scultura che potrebbe provenire, stando alla tradizione popolare, da un arco situato al passo di Forca Caruso. A questo stesso arco leggendario topograficamente collocabile lungo la linea di confine tra Peligni e [[Marsi]] sarebbe da riferire la testa marmorea dell'imperatore [[Tiberio]], scultura che i frati di Castelvecchio Subequo hanno custodito nel chiostro del convento di S. Francesco fino a pochi decenni or sono. Particolarmente interessante è anche la statua (ormai scomparsa ma simile a quella dell'Augusto Ioricato proveniente dalla Villa di Livia in Prima Porta e custodita oggi nei Musei Vaticani) che raffigura il cavaliere Caio Scaefio Pollio, prefetto quinquennale e militare inviato da Tiberio a Superaequum per trasformare la Valle Subequana nella fucina della cavalleria romana.<p>
 
Tra le ragioni di interesse della nobiltà Romana per questo angolo dell'Appennino d'Abruzzo non poteva mancare il ghiaccio del Sirente che - stando a quanto ci riferiscono Marziale e Seneca- giunse a costare nella Roma dei cesari addirittura più del vino. L'impiego del ghiaccio a fini terapeutici si diffuse nell'antica Roma secondo quanto ci viene testimoniato dalla presenza del "frigidarium" nelle ville patrizie. E lo stesso Augusto - che nel 25 a.C. contrasse una forte febbre in Iberia - fu salvato dal suo medico Antonio Musa proprio con una cura a base di bagni di ghiaccio e sorsi di acqua gelata. Per l'occasione trecento libbre di ghiaccio furono prelevate dalla Neviera e stoccate nel magazzino di Asinio Pollio sulla via Campana prima di essere trasferite alla residenza di Ottaviano-Cesare sul Palatino.<ref> Il particolare del magazzino di Asinio Pollio ci viene fornito da J. E Williams, Augustus, Castelvecchi, 2010. anche se è lecito dubitare dal momento che lL'autore non indica purtroppo la fonte</ref>.<p>
 
== Medioevo e Rinascimento ==
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Le prime notizie scritte che ricompaiono dopo il buio medioevale datano al 1076, periodo in cui il conte valvense di Gagliano Teodino donò al monastero di Farfa il suo feudo di Secinaro unitamente a quelli di Cocullo, Molina Aterno e Goriano Valli (all'epoca Goriano Valli costituiva frazione di Molina Aterno). Nel XII secolo, in epoca normanna, il territorio entrò a far parte del regno di Sicilia. Dopodiché le vicende storiche si susseguono in modo convulso e disordinato. Nel 1143 Rainaldo conte di Celano, figlio di Crescentius, avendo riconosciuta la sovranità di re Ruggiero, fu nominato titolare della nuova contea di Celano e divenne dunque feudatario anche di Secinaro. Nel 1173 nel Catalogo dei Baroni compilato sotto re Guglielmo, si dice che Rainaldo conte di Celano avesse concesso in feudo al fratello RuggieroGoriano di Valva e "Sichenale". Sotto il regno di Federico II, il quale fece costruire l'acquedotto medioevale di Sulmona e fondò la città di "Aquila", non si hanno notizie riguardanti il territorio di Secinaro. Apprendiamo invece che nel 1332 il castello di Secenale divenne feudo dei [[Conti di Celano]] andando in assegnazione a Ruggero II, figlio di Tommaso e di Isabella. Nel 1391 Antonio, figlio di Ruggiero II, usurperà al padre la contrada Castello di Secinaro con le relativa fortezza.<p>
 
Nel 1451, sotto Lionello Accorciamuro (marito di Iacovella contessa di Celano), "Secenara" faceva ancora parte della contea di Celano e nel 1484 Restaino IV Cantelmo, per la sua fedeltà alla corona, ricevette dal Re Ferdinando la nomina di Giustiziere della Terra di Secinaro. Sappiamo inoltre che nel 1496 gli abitanti di Secinaro chiesero e ottennero dal Re Ferdinando I d'Aragona la liberazione, senza pagamento, dei prigioneri fatti nei tempo delle ribellioni del Regno. Nel 1492, da una lettera al Duca di Amalfi, si apprende che il Conte di Celano dovette intervenire per sopire le rappresaglie intercorse tra le genti di Goriano Valli e quelle di Secinaro. Tali sconfinamenti avvennero probabilmente durante l'estate, quando il laghetto di Tempera situato in territorio di Goriano Valli rimane solitamente a secco d'acqua e gli armenti giungono ad abbeverarsi in località l'Acqua situata a ridosso dell'attuale Chalet di Secinaro. Nel 1505 si registra una nuova lite con gli abitanti di Gagliano, lite avviata dai Secinaresi per vedersi garantito l'accesso agli abbeveratoi ubicati nella piana di Canale. Costanza Piccolomini, duchessa di Amalfi, si preoccupò in prima persona di risolvere la controversia insorta tra i suoi vassalli e suggerì di comporre la questione in modo pacifico all'interno di un collegio a composizione paritaria. Il collegio riconobbe ai secinaresi il diritto di continuare a transitare nella piana di Canale "come per il passato" ma con "le sole bestie da soma".<ref>Sulla storia ella alle Subequana dopo il Medioevo si veda E. Spelndore, Profilo archeologico e stoico dei copmuni della Valle Subequana, 1997</ref>.<p>
 
Nel 1527, ai tempi di Carlo V, il comune di Secinaro viene ancora nominato nelle fonti scritte sia come "Secinara" sia come "Secenara". All'epoca si contavano appena 140 fuochi (ca. 500 anime) e il castello doveva essere caduto già in rovina per lasciare posto alle fondamenta su cui sarebbe sorta la Chiesa di San Nicola di Bari. A giudicare dal portale, l'elemento più antico dell'edificio, è possibile datare la costruzione della chiesa al 1547. All'interno si conserva una croce di rame e argento del secolo XVI e una iscrizione incisa su legno del medesimo periodo. Poco più in basso, a breve distanza, sorge la piccola Chiesa di S. Maria della Consolazione che reca incisa sull'epistilio dell'ingresso frontale la data del 1507. All'interno affreschi cinquecentesti e una piccola statua rinascimentale in terracotta che raffigura la Maternità in trono incorniciata dietro l'altare con ghirlande di fiori e frutta.<p>
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<i>Accadde che, nel bel mezzo del rito, gli uomini videro una stella avvicinarsi all'improvviso più abbagliante del sole e un boato scosse la terra. Il tempio crollò e le persone furono scaraventate a terra. Dopo il distruttivo evento, i Cristiani addossarono la colpa dell'accaduto ai pagani, ma questi, per tutta risposta e aizzati dal Preside romano, presero quanti più Cristiani possibile e li radunarono nei pressi del tempio dove li ammazzarono a colpi di bastone. Dopo un periodo interminabile in cui la valle rimase rabbuiata, gli uomini videro finalmente l'immagine della Madonna col bambino avvolta da un fascio di luce. La Santa Vergine era giunta in volo da Lucoli per consolare i secinaresi dai peccati e questi, in memoria dello storico evento, edificarono una chiesa sulle rovine dell'antico tempio pagano chiamandola "Santa Maria della Consolazione".</i><p>
 
ChiA scrive,giudizio indi particolare,chi ha evidenziato comescrive gli effetti socio-ambientali stimabili per il presunto impatto meteoritico siano di fattosono compatibili con le emergenze archeologiche che caratterizzano l'antica Superaequum sul finire dell'Impero Romano d'Occidente, mentre sarebbe anacronistica la tesi che vede il bacino scavato da pastori transumanti: la transumanza raggiunse il suo minimo storico proprio tra il IV e il V sec. d.C.<ref>Santilli, R, Investigating a meteorite impact in Prati del Sirente: First indications from a small Christian Catacomb, Mediterranean Archaeology and Archaeometry, Special Issue, Vol. 6, No 3, pp. 145-147, 2006 [http://www.rhodes.aegean.gr/maa_journal/issues2006c.html (Link to Abstract)]</ref> <ref>Santilli, R, ''et ali'', A catastrophe remembered: a meteorite impact of the fifth century AD in the Abruzzo, central Italy, Antiquity, 2003, VOL 77; PART 296, pages 313-320 [http://antiquity.ac.uk/ant/077/Ant0770313.htm (Link to abstract)]</ref><p>
Alla leggenda si lega anche una epigrafe romana del terzo secolo d.C. che fu notata da Muzio Febonio, verso la metà del Secento, all'interno della piccola chiesa di S. Maria della Consolazione. <ref>M. Febonio, ''Historia Marsorum'', Napoli, 1678</ref><p>
 
<i>Lucio Vibio Severo, edile, quattruoviro quinquennale, splendido cavaliere Romano, patrono delle comunità (civitatis) di Anxantium de’ Frentani e di Peltuinum de’ Vestini, il quale, in onore dell’edilità di suo figlio Lucio Vibio Rutilio cavaliere Romano, fu il primo ad organizzare un torneo di caccia e ad inaugurare giochi solenni di fronte alla dea Pelina. Il figlio Lucio Vibio, edile, quattruoviro iure dicundo, cavaliere Romano, patrono della comunità (quale?) pose la dedica per ricordare pubblicamente la memoria di suo fratello, sotto il consolato di Aureliano e Basso, il 17 maggio del 271 d.C.</i><p>
Secondo lo storico e giurista tedesco [[Theodor Mommsem]] questa iscrizione sarebbe da espungere dal corpus delle iscrizioni latine di Superaequum per il semplice fatto che Superaequum fu amministrata da duoviri, mentre la dedica alla dea Pelina reca la firma di un quatruoviro. L'iscrizione in questione potrebbe essere giunta dall'antica Corfinium dove un collegio di quattro magistrati (quadrumvirato) sovrintendeva alla gestione della civitas e dove, nel quarto sec. d.C., ebbe origine il culto di [[San Pelino]] martire.<ref>Mommsem, ''Corpus''</ref> L'iscrizione fudeve certamenteessere trasferita a Secinaro nel Sedicesimo secolo, in concomitanza con la costruzione della locale chiesa di S. Maria della Consolazione e venne successivamente rimossa, in circostanze ignote, prima della fine dell'Ottocento. La parentesi di permanenza di questa iscrizione a Secinaro deve essere stata sufficiente ad influenzare la tradizione orale, se si pensa che la versione rinascimentale della leggenda fa riferimento adcon unil presunto vincolo di sorellanza tra la dea Secina e la dea Pelina.<ref>R. Santilli, Superaequum: le origini dell'ordinamento municipale, in corso di pubblicazione</ref><p><br>
 
== Economia ==