Svetlana Allilueva: differenze tra le versioni

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Il secondo marito di Svetlana era uno stretto collaboratore di Stalin, [[Jurij Andreevič Ždanov|Jurij Ždanov]] (figlio del suo braccio destro, [[Andrej Aleksandrovič Ždanov|Andrej Ždanov]]). Si sposarono nel [[1949]], ed ebbero una figlia, Ekaterina, nel [[1950]], ma anche questo matrimonio si dissolse poco dopo.
 
Dopo la morte del padre nel [[1953]], Svetlana adottò il cognome da nubile della madre e lavorò come insegnante e traduttrice a [[Mosca (Russia)|Mosca]]. Nel [[1963]] incontrò ed entrò in intimità con un comunista indiano in visita nella capitale sovietica, [[Brajesh Singh]]. Egli fece ritorno a Mosca nel [[1965]], per lavorare come [[traduttore]], ma ai due non venne permesso sposarsi. Singh morì nel [[1966]] e a Svetlana venne concesso di viaggiare in [[India]] per riportare le ceneri alla famiglia, in modo da poterle versare nel [[Gange]]. Svetlana restò in India per due mesi e si immerse nella cultura locale.
 
Il [[6 marzo]] [[1967]], dopo aver visitato l'[[ambasciata]] sovietica di [[Nuova Delhi]], la Allilueva si recò all'ambasciata statunitense e fece formale richiesta di [[asilo politico]] all'ambasciatore [[Chester Bowles]]. L'asilo le fu concesso. Per evitare che, conseguentemente alla cessione dell'asilo, il governo indiano potesse subire ritorsioni da parte dell'Unione Sovietica, venne fatto in modo che lasciasse immediatamente il paese per la [[Svizzera]], via [[Roma]]. Rimase in Svizzera per sei settimane, prima di proseguire per gli Stati Uniti.