Concerto campestre: differenze tra le versioni

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Vi sono raffigurati tre giovani seduti su un prato che suonano, mentre vicino ad essi una donna in piedi versa dell'acqua in una vasca marmorea. Le due donne presenti sono entrambe nude, coperte appena da mantelli che scivolano via, mentre i due uomini, che parlano tra di loro, sono vestiti in costumi dell'epoca. Nell'ampio sfondo si vede un pastore e un paesaggio che, tra quinte vegetali, si distende a perdita d'occhio.
 
Il soggetto dovrebbe essere un'allegoria della poesia e della musica, con le due donne dall
Il soggetto dovrebbe essere un'allegoria della poesia e della musica, con le due donne dalla bellezza ideale, che sono come due apparizioni irreali generate dalla fantasia e l'ispirazione dei due giovani. La nudità dopotutto è legata all'essenza divina e la donna col vaso di vetro sarebbe la [[Muse (mitologia)|musa]] della poesia tragica superiore, mentre quella col flauto la musa della poesia pastorale. Tra i due giovani, quello ben vestito che suona il liuto sarebbe il poeta del lirismo esaltato, mentre quello col capo scoperto sarebbe un paroliere ordinario, secondo la distinzione operata da [[Aristotele]] nella ''[[Poetica]]''<ref>Vedi scheda di WGA.</ref>. Alcuni hanno identificato la rappresentazione anche come un'evocazione dei quattro elementi che compongono il mondo naturale (acqua, fuoco, terra, aria) e del loro relazionarsi armonioso<ref name=Z/>.
 
Inoltre l'accordo tra il liuto, strumento colto e "cittadino", e il flauto, strumento rustico e campestre, era un tema legato alla teoria musicale [[accademia neoplatonica|neoplatonica]], che nell'incontro degli opposti indicava la via per realizzare una conoscenza superiore. La donna che mischia le acque sarebbe quindi da leggere come simbolo di purificazione, ma anche di mescolanza, cioè armonia, dei suoni nell'accordo musicale, arrivando a quella concordanza tra musica mondana e musica celeste dei [[pitagorici]]. Tale teorie erano comuni nei circoli umanistici veneziani, animati da personalità come [[Pietro Bembo]], [[Mario Equicola]] e [[Leone Ebreo]]<ref name=G70>Gibellini, cit., pag. 70.</ref>.