Magnanimità: differenze tra le versioni

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'''Magnanimità''' deriva dal [[lingua latina|latino]] e, come il [[lingua sanscrita|sanscrito]] ''[[mahatma]]'', è una parola composta da ''magnus'', «grande», e ''anĭmus'', «[[anima|animo]]»,<ref>Cf. [http://www.treccani.it/vocabolario/magnanimo/ ''voce''] su Treccani.it.</ref> dunque il suo significato letterale è "grandezza d'animo".
 
Secondo il IV libro dell'[[Etica Nicomachea]] di [[Aristotele]],<ref>Cf. Gian Carlo Manzoni, Loris De Martin, ''[http://books.google.it/books?id=lrO7yL_tXywC Potenziare la propria professionalità]'', Milano, FAG, 2007, [http://books.google.it/books?id=lrO7yL_tXywC&pg=PA174&dq=%22Aristotele+trattava+della+magnanimit%C3%A0+nel+IV+libro+dell%27Etica+Nicomachea%22&hl=it#v=onepage&q=%22Aristotele%20trattava%20della%20magnanimit%C3%A0%20nel%20IV%20libro%20dell%27Etica%20Nicomachea%22&f=false p. 174]. ISBN 88-823-3648-4; ISBN 978-88-8233-648-6.</ref> la magnanimità (''Megalopsichia'') è quella [[virtù]] acquistatrice e moderatrice di onori e fama. Magnanimo è colui che si ritiene degno di onori e fama perché ne è veramente degno, senza ricadere nel difetto che è la pusillanimità (''Micropsichia''), il vizio di chi non si ritiene degno di onori e fama, ma neanche eccedere, per presunzione (''chaymotes''), cioè aspirare a onori e fama senza esserne degno.
 
Non deve, inoltre, peccare d'audacia (''Megalocindinia'') aspirando ad imprese al di fuori delle sue capacità. La ''magnanimitade'' è uno dei concetti più rilevanti tra quelli trattati nel ''Convivio'' di [[Dante]]: esempi di magnanimità sono [[Saladino]] o [[Bertran de Born]] (''Convivio'', trattato IV, cap. XI). Di audacia potrebbe essere peccatore l'[[Ulisse]] [[Divina Commedia|dantesco]].