Polittico di Badia: differenze tra le versioni

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==Storia==
Fonti attentibili quali ''[[Commentari (Ghiberti)|Commentari]]'' di [[Lorenzo Ghiberti]] e ''[[Le Vite]]'' di [[Vasari]] concordano nel riferire la presenza di un polittico di Giotto sull'altare maggiore della [[Badia Fiorentina]], dove l'artista aveva anche affrescato la [[testa di pastore|cappella Maggiore]] e la parete sopra il portale originario. Dell'opera, spostata nel convento nel [[1568]], si persero le tracce e [[Gaetano Milanesi]], nel noto commento all'opera vasariana (1878), la ritenne perduta. Solo nel XIX secolo [[Ugo Procacci]] rivenne il polittico nel [[museo di Santa Croce]], grazie a un cartellino apporto sul retro che riportava "Badia di Firenze", apposto all'epoca delle soppressioni napoleoniche ([[1810]]), quando l'opera venne verosimilmente radunata con altre in un deposito nel [[convento di San Marco]] e poi finita in un momento imprecisato nella basilica fiorentina. In quell'occasione vennero sciolti i dubbi circa l'attribuzione dell'opera, che aveva subito molteplici ipotesi attributive. Già Thode (1885) aveva infatti fatto il nome di Giotto, confermato poi da [[Ugo Procacci]] nel [[1962]].
 
Restano tuttavia aperte le questioni relative all'autografia della pala e delle sue parti. Procacci assegnò infatti i tondi nelle cuspidi alla bottega, mentre la Meloni ipotizzò che i santi ''Nicola'' e ''Giovanni evangelista'' fossero pertinenti al [[Maestro della Santa Cecilia]]. Anche sulla datazione la critica non è concorde: riferita da quasi tutti gli studiosi ai primi anni del Trecento, alcuni hanno ipotizzato una datazione più tarda, dopo la [[Cappella degli Scrovegni]]. Oggi si lega soprattutto a una fase vicina agli affreschi di [[Assisi]], in particolare sono state registrate stringenti affinità con le decorazioni della [[Cappella di San Nicola (Assisi)|Cappella di San Nicola]] nella [[Basilica inferiore]].