Eusebio di Nicomedia: differenze tra le versioni

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Fu vescovo di Berytus (l'odierna [[Beirut]]) in [[Fenicia]], poi di [[Nicomedia]] dove risiedeva la corte imperiale e infine a [[Constantinopoli]] dal [[338]] fino alla sua morte.
Era imparentato con la famiglia di [[Costantino I]]<ref>[[Ammiano Marcellino]], ''Res Gestae'', XXII,9,4.</ref> e tenuto in grande considerazione dall'imperatore, che aveva [[Editto di Milano|legalizzato]] il Cristianesimo nel [[313]].
Nel [[Primo Concilio di Nicea|concilio di Nicea]] del [[325]] l'arianesimo fu condannato e Eusebio, come [[Ario]], furono esiliati. L'idea ariana rimase comunque molto presente all'interno della chiesa orientale a tal punto che nel [[328]] vennero richiamati nelle loro sedi i vescovi in precedenza esiliati. Eusebio nel [[337]] battezzò in punto di morte l'imperatore [[Costantino I|Costantino]]. Divenne [[Patriarca di Costantinopoli|vescovo di Costantinopoli]] nel [[339]]. Eusebio si adoperò in ogni modo per contrastare il suo mortale nemico [[Atanasio di Alessandria|Atanasio]] vescovo di [[Alessandria d'Egitto]], e riuscì a farlo esiliare più volte. Nel [[340]] [[Papa Giulio I]] convocò un concilio a Roma dove Atanasio venne riabilitato alla presenza di solo 50 vescovi. Mancava infatti la frangia ariana che in contrapposizione e su volere di Eusebio organizzò un altro sinodo nel [[341]] a Antiochia, dove venne proposta una formula di compromesso, secondo la quale Cristo e il Padre coesistevano eternamente; fu invece evitato il punto controverso della [[consustanzialità]]. Morì in quello stesso anno, non prima di aver nominato vescovo il [[Goti|goto]] [[Ulfila]], che porterà l'arianesimo fra i barbari Goti.