Abdicazione di Vittorio Emanuele III: differenze tra le versioni

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Il re era all'inizio riluttante all'[[abdicazione]] e anche i partiti politici del [[C.L.N.]] avrebbero preferito non modificare la situazione già molto delicata. Nel maggio 1946, l'abdicazione fu vista dagli ambienti monarchici come l'unica possibilità per scindere le sorti di [[casa Savoia]], malvista per l'appoggio offerto per 20 anni al [[Fascismo]] e a [[Mussolini]] in particolare, e il futuro monarchico dell'[[Italia]].
 
{{citazione necessaria|Non bisogna peraltro dimenticare che l'abdicazione avvenne in contrasto con gli accordi presi nel 1944 con i rappresentanti del C.L.N., momentoe incon cuiil Vittoriodecreto Emanueleluogotenenziale III25 sigiugno era1944 impegnatoche aprevedeva nonil mantenimento del abdicareregime almenoluogotenenziale finosino alla consultazione elettorale per l'elezione dell'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|Assemblea Costituente]].}} {{citazione necessaria|Il primo progetto era, infatti, di rimettere nelle mani dei costituenti la scelta della forma di Stato. Solo in un secondo momento si optò invece per la scelta referendaria.}}
 
L'abdicazione avvenne a Napoli, dove il re abitava a [[Villa Rosebery]]. Sulla base della legge ''Attribuzioni e prerogative del [[capo del governo]]'' le funzioni di [[notaio della corona]] sarebbero spettate al capo del governo<ref> Legge 24 dicembre 1925, n.2263 :Art 5 Il Capo del Governo...esercita le funzioni di notaio della corona. </ref>, che in quel momento era [[Alcide De Gasperi]], ma non si ritenne opportuno rivolgersi a De Gasperi per avallare un atto che aveva l'opposizione di molte forze politiche e la legalizzazione della firma del re fu certificata da un notaio, normale professionista con studio a Napoli.<ref>Fu scelto il notaio Nicola Angrisano, con studio a Napoli</ref>