Fedecommesso: differenze tra le versioni

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Nell'ordinamento italiano il fedecommesso è vietato fin dal [[Codice Civile (1865)|Codice civile del 1865]] che all'art. 899, ad imitazione dell'art. 896 del ''Code Napoléon'', sanciva la nullità di "qualunque disposizione con la quale l'erede o il legatario è gravato con qualsivoglia espressione di conservare e restituire ad una terza persona".
 
Il [[Codice civile italiano|Codice civile vigente]] ha mantenuto il divieto, sancito dall'ultimo comma dell'art. 692, prevedendo però nello stesso articolo una [[deroga]]: infatti, nel testo vigente dopo le modifiche apportate dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia),<ref>In precedenza esisteva una deroga diversamente configurata: il fedecommesso era consentito se l'istituito era figlio del testatore, i sostituiti erano tutti i figli di questo, nati o nascituri, oppure un ente pubblico e i beni oggetto della disposizione rientravano nella [[quota disponibile]]</ref>, consente la sostituzione fidecommissaria nel caso l'istituito sia un [[interdizione (diritto)|interdetto]] (o un minore in condizioni di abituale infermità di mente tali da far presumere che sarà pronunciata l'interdizione), figlio, discendente o coniuge del testatore, e il sostituito sia la persona o l'ente che, sotto la vigilanza del [[tutore]], ha avuto cura dell'interdetto medesimo (cosiddetto ''fedecommesso assistenziale'').
 
==Note==