Marginalismo: differenze tra le versioni

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IlIn [[economia]] il '''marginalismo''' è una corrente di pensiero[[storia sviluppatasidel inpensiero ambito [[economiaeconomico|pensiero economico]] sviluppatasi tra il 1870 e 1890. La metodologia marginalista è quella che ancora oggi esercita maggiore influenza rispetto a quella [[economia classica|classica]] e [[economia marxista|marxista]].
 
La metodologia marginalista è quella che ancora oggi esercita maggiore influenza (rispetto a quella [[economia classica|classica]] e marxista).
 
==Descrizione==
 
Con il marginalismo non si assiste ad un'evoluzione fondamentale, in particolar modo nell'ambito della [[teoria del valore]]: in sostanza nell'impostazione classica e marxista, ad esempio, è la quantità di [[lavoro]] che definisce il valore di un [[prodotto]]; invece in base all'impostazione marginalista il valore del prodotto riflette il grado di soddisfazione soggettiva che i consumatori attribuiscono ai diversi prodotti. La soddisfazione, o "[[utilità]]", tenderà a diminuire con il [[consumo]] di ogni unità aggiuntiva dello stesso bene; [[Carl Menger]] in tale ambito introdurrà un principio di imputazione indiretto che rappresenta un primo passo per la [[teoria della remunerazione]] dei [[fattori produttivi]] in base alla loro [[produttività marginale]].
Con il marginalismo non
si assiste ad un'evoluzione fondamentale, in particolar modo nell'ambito della [[teoria del valore]]: in sostanza nell'impostazione classica e marxista, ad esempio, è la quantità di lavoro che definisce il valore di un prodotto; invece in base all'impostazione marginalista il valore del prodotto riflette il grado di soddisfazione soggettiva che i consumatori attribuiscono ai diversi prodotti. La soddisfazione, o "[[utilità]]", tenderà a diminuire con il consumo di ogni unità aggiuntiva dello stesso bene; [[Carl Menger]] in tale ambito introdurrà un principio di imputazione indiretto che rappresenta un primo passo per la [[teoria della remunerazione]] dei [[fattori produttivi]] in base alla loro [[produttività marginale]].
 
La [[teoria del valore]] sostenuta dai marginalisti è fondata su fattori esclusivamente soggettivi, basati su calcoli di convenienza dei singoli individui: il valore di un prodotto è definito sulla base "dell'importanza che il [[consumatore]] attribuisce al prodotto stesso" e cioè, più il prodotto è desiderato, più è capace di soddisfare un bisogno e più vale.
 
La metodologia marginalista, a differenza di quella classica che ritiene fondamentale lo studio della [[crescita economica]], incentra la sua analisi sull'[[equilibrio economico]] e sulla ricerca di metodologie di allocazione delle risorse in modo efficiente.
 
Grazie alla maggior professionalizzazione rappresentata dalla scuola marginalista, e grazie all'adozione di strumenti [[matematica|matematici]] come il [[calcolo infinitesimale]], fu possibile definire in modo accurato e formale il concetto di utilità marginale, concetto cardine della teoria marginalista.
 
Il [[consumatore]] soddisfa i suoi bisogni in modo decrescente. I marginalisti propongono un esempio chiarificatore a questo proposito: per un assetato, il primo bicchiere d'acqua è molto desiderabile e quindi reca un beneficio elevato. Anche il secondo bicchiere recherà soddisfazione. Dal terzo bicchiere in poi, ogni dose successiva recherà sempre minor soddisfazione fino ad arrivare al punto di creare fastidio. Quindi le dosi (unità) di un determinato bene, soddisfano in modo decrescente il consumatore. Questa [[teoria]] fa riferimento al concetto di [[utilità marginale]].
 
In relazione al concetto di utilità marginale bisogna sottolineare come i primi marginalisti interpretassero tale misura in termini cardinali; alla luce di questo, era possibile compiere confronti interpersonali; tuttavia, ben presto l'approccio cardinalista lasciò spazio a quello ordinalista, il passaggio alla seconda impostazione si deve in particolar modo a [[Vilfredo Pareto]], ma già prima di Pareto alcuni economisti marginalisti compresero l'errore della considerazione dell'utilità marginale come misura cardinale, tra costoro [[Carl Menger]], [[Léon Walras]], [[Alfred Marshall]].
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Ben presto ci si rese conto che un approccio eccessivamente relativista non era idoneo a spiegare i fenomeni, basti pensare alla [[scuola storica tedesca]], e il marginalismo fu accettato e si diffuse notevolmente, anche in quanto espressione della professionalizzazione della disciplina economica.
 
Lo studio della scuola neoclassica o marginalista si concentra soprattutto nello studio dell'allocazione efficiente delle risorse all'interno di un [[mercato]] a [[concorrenza]] perfetta e cioè all'interno di un mercato in cui vi è un'ottima diffusione di [[informazione|informazioni]] (necessarie affinché gli operatori decidano in modo consapevole); i fattori produttivi hanno la caratteristica della mobilità, nel senso che possono essere facilmente spostati; il mercato è caratterizzato dalla presenza di un elevato numero sia di venditori che di compratori in modo tale da evitare situazioni di [[oligopolio]] e [[monopolio]]. Lo studio appunto, basato sull'adozione di leggi matematiche, si concentra sull'"efficienza", non considerando aspetti di tipo equitativo o etico. Per la scuola marginalista non è importante capire se si arriva ad un punto di equilibrio "equo", ma è importante capire come si arrivi ad un punto di equilibrio efficiente, in un punto dal quale non ci si può spostare per migliorare le proprie condizioni senza che si peggiorino quelle degli altri operatori del [[mercato]].
 
Ciò che maggiormente caratterizza la scuola di pensiero marginalista è lo studio dell'economia attraverso un metodo di tipo deduttivo-normativo, attraverso un metodo che prescinde dal considerare aspetti di tipo istituzionale, ma esaminando solo il [[comportamento]] razionale del soggetto economico. I marginalisti cercano di capire e di dimostrare quanto il comportamento economico di un soggetto sia prevedibile e regolare date alcune condizioni. La validità delle teorie è legata alle condizioni, le quali essendo caratterizzate da una bassa probabilità di realizzazione concreta, rendono la teoria valida a livello astratto e quindi poco applicabile alla realtà. Infatti le teorie sono tanto più vicine alla realtà, cioè sono in grado di spiegare fenomeni concreti, tanto più le condizioni sono [[verificabilità|verificabili]] nel concreto.
 
==Voci correlate==
* [[Storia del pensiero economico]]
* [[Teoria del valore]]
* [[Microeconomia]]